3.2.3 Commercio e gestione delle aree urbane

Come fa notare anche la cronaca locale, Venezia non è stata in grado di attirare nuove funzioni a parte la trasformazione delle residenze in Airbnb. I giovani, terminati gli anni di studio universitario, abbandonano la città non trovando stimoli a rimanere e crescere un futuro. Le grandi città europee, invece, nel ripensare le loro funzioni si rivolgono prima di tutto ai giovani e costruiscono le condizioni per promuovere politiche di incentivazione fiscale che li trattengano (abbassando i canoni di affitto o di accesso alla residenza piuttosto che sul commercio e l’avvio di nuove attività). Una città sana è una città in grado di attrarre giovani e quindi una città che può investire sul domani. Il combinato disposto dell’espulsione dei residenti e della mancata capacità attrattiva nei confronti dei giovani porta a quell’impoverimento demografico e sociale che ben conosciamo. Questo è un tema noto per la Città storica, ma è anche un problema che si sta espandendo in terraferma. Nei prossimi paragrafi ci concentreremo sul tema del commercio: una città che vede chiudere i negozi, in terraferma, o cambiarli per soddisfare la domanda turistica, a Venezia, è destinata ad impoverirsi sempre più.

La scarsa competitività del commercio non solo all’interno dell’area di Mestre ma anche negli altri centri urbani della provincia di Venezia rispetto ai grandi parchi commerciai è in realtà il sintomo di una situazione di impoverimento generale delle funzioni urbane e della perdita di attrattività dei centri. Il limite principale è legato al fatto che si considera il commercio in maniera settoriale pensando a politiche che non lo inseriscono in una visione che tenga conto di un sistema più articolato di interessi. Invece l’approccio dovrebbe essere sistemico, andando oltre a quella visione sterile che si scontra, ad esempio, con la movida non interpretando le caratteristiche di una città fortemente connotata per la presenza delle università e di un turismo pervasivo. Se vivono le città vive il commercio e questo indica la necessaria costruzione di politiche territoriali di tipo integrato, multidisciplinare, che facciano delle città dei motori funzionanti.

Il Piano Strategico è l’occasione per munire tutta l’area metropolitana di una strategia urbana e territoriale: quello del commercio è un tema che va gerarchizzato all’interno di politiche di area vasta. Lo spirito di concorrenza tra aree urbane è necessario ma non dovrebbe servire a scardinare il territorio come succede per le aree produttive.

3.2.3.1 Gestione unitaria dello spazio pubblico

I modelli di gestione degli spazi pubblici sono per lo più obsoleti o addirittura assenti mentre, invece, costituiscono un tema che ha un valore di primaria importanza. Se la Città Metropolitana di Venezia promuovesse una politica di gestione degli spazi pubblici, attraverso l’individuazione di buone pratiche atte a far capire concretamente come riordinare i propri spazi, potrebbe imprimere una grossa spinta allo sviluppo del commercio nelle aree urbane. In questo momento sembra preponderante la ricerca di eventi ludico-ricreativi, iniziative che occupano gli spazi pubblici all’insegna della quantità e ripetitività. Sembra mancare la ricerca di un filo conduttore che specializzi alcuni luoghi all’interno di una visione metropolitana. Visione che poi è fondamentale anche per attuare politiche di comunicazione coerenti con quanto già espresso per il turismo.

In Venezia Città Metropolitana1 avevamo affrontato il tema dei centri commerciali naturali facendo riferimento in particolare dalla legislazione regionale adottata della vicina Regione Lombardia e confrontandola con quanto messo in pratica dalla Regione Veneto.

Ma ci possono essere molti altri interventi ipotizzabili per l’evoluzione delle forme di commercio tradizionali. Pensiamo alla gestione dei mercati su area pubblica: attualmente ogni comune ha un mercato su area pubblica e ciascuno di questi mercati è gestito da società differenti e con modalità diverse tra loro, per cui riscontriamo tariffazioni disomogenee e l’assenza di servizi adeguati alle configurazioni più contemporanee. Nonostante molto spesso gli operatori siano gli stessi non esiste una politica di gestione unitaria di questi spazi. La Città Metropolitana di Venezia potrebbe invece essere l’opportunità per promuovere una Società dei Mercati di Venezia (come nel caso dell’esperienza di Barcellona, Vienna o Valencia2): un organismo, o emanazione, in grado di regolamentare questo genere di attività. I Comuni, in questo caso, dovrebbero offrire unicamente la disponibilità di spazi, ma la gestione sarebbe finalmente unitaria e ciò potrebbe, in termini di sevizi e comunicazione, migliorare notevolmente la qualità di determinati spazi urbani.

3.2.3.2 Sperimentare sui beni comuni

Pensando agli spazi pubblici è invece il caso di aprire una riflessione sui Beni Comuni abbandonati o dimenticati e sulla loro possibile gestione. Su questi spazi sono doverosamente ancora ammissibili politiche per la sperimentazione di nuove funzioni urbane, usi temporanei e riconvertibili che non impattano sul territorio, ma che permettono di dare avvio a pratiche di rigenerazione urbana che si accollano anche il rischio di fallire dando la possibilità di ricominciare in modo diverso.

La Città Metropolitana di Venezia potrebbe costruire un regolamento unitario sull’uso dei Beni Comuni. Tutti gli studi che in questi anni hanno affrontato il tema dell’utilizzo dei beni pubblici mettono in luce che per far fronte al problema del degrado delle città è importante promuovere una politica di gestione di questi spazi. Nantes, con le politiche sui beni comunali che vengono reimpiegati per gestire attività economiche a fronte di una progettualità unitaria e condivisa, e Parigi, che rivaluta le attività commerciali affittando spazi a canoni ragionevoli per poi venderli una volta che le attività sono positivamente avviate, rappresentano alcuni degli esempi che meglio esprimono questo approccio a forme di sperimentazione che producono nuova economia oltre che rigenerazione. Si tratta di politiche forti e responsabili che prevedono tra i rischi la possibilità di fallire.

L’associazionismo sta assumendo sempre più un ruolo centrale nelle pratiche di rigenerazione urbana e di innovazione sociale. Le associazioni propongono progetti alle amministrazioni e sono in grado di muovere l’attenzione sui temi più caldi e sensibili3.

L’università potrebbe avere sicuramente un ruolo di collante e di indirizzo anche nei confronti dei movimenti dal basso e delle associazioni. La Città Metropolitana potrebbe essere in grado di risolvere alcune situazioni disattese, pensare alla città in una scala diversa permette di vedere i vuoti come risorsa per l’intera Città Metropolitana4.

3.2.3.3 Temporary: booking dei negozi

Una possibilità per rigenerare alcuni luoghi della città, è data dal booking dei negozi ad utilizzo temporaneo, sulla scorta delle esperienze che si stanno sviluppando anche attraverso dispositivi online come WhataSpace presentato al MAPIC 2016. Il booking per l’utilizzo temporaneo degli spazi ad uso commerciale, se studiato bene, consentirebbe un contratto unico d’affitto che include oltre all’assicurazione e il registratore di cassa anche la possibilità di scegliere il periodo dell’anno in cui dare inizio all’attività, quanto farla durare e la metratura. In questo modo si possono costituire anche gruppi di temporary shops, spazi eventi e meeting semplificando la burocrazia e dando maggior stimolo a sperimentare nuovi modelli di attività. Attraverso la regia unitaria della Città Metropolitana e la collaborazione con le Associazioni di Categoria Economica, per la gestione della parte burocratica, è possibile avviare questi nuovi modelli commerciali da estendere all’intera area vasta. Questa semplificazione renderebbe più facile il tentativo di inserimento nel mercato tanto ai piccoli commercianti quanto alle grandi catene di distribuzione che potrebbero sperimentare il grado di attrattività in funzione di piani di investimento di medio lungo termine.

Confronto delle attività temporanee in affitto in tre differenti città metropolitane: Milano, Bologna e Venezia. Si noti come Venezia in questo momento non offra ancora spazi ad uso temporaneo registrati su questo motore di ricerche online.

Quest’opportunità che la Città Metropolitana offre, come costituzione di un Ente innovativo per il territorio, di costruire delle regole d’uso per la Città è da cogliere appieno. Il nuovo Ente potrebbe costruire situazioni che privilegino processi di rivitalizzazione attraverso eventi o manifestazioni e al contrario disincentivare quei soggetti che speculano sugli affitti dei locali, costringendo i commercianti e gli altri soggetti insediati a rivedere le proprie strategie.

3.2.3.3.1 Nota: M9 DISTRCT

M9 è una formidabile opportunità di sviluppo per l‘intera Città Metropolitana. Il Museo del Novecento in costruzione a Mestre, rappresenta un’occasione di crescita culturale, ma costituisce anzitutto un’operazione di rigenerazione urbana. In questo senso M9 va inteso come il motore di un progetto molto più ampio, capace di attivare un vero e proprio distretto dell’innovazione e della creatività, coinvolgendo le attività commerciali e le nuove professioni. In quest’ottica M9 costituisce una sfida per il rilancio economico e culturale della realtà urbana mestrina. La nascita del polo museale porterebbe a quella mixitè funzionale in grado di rivitalizzare l’area della cultura, della socialità, del retail e dei luoghi per il lavoro, fortemente penalizzata dalla crisi. La dimensione del progetto di M9 porta ad ipotizzare la costituzione di un polo innovativo della cultura con ricadute sull’intera area metropolitana, con effetti positivi in particolare nel cuore di Mestre, nell’area che comprende piazza Ferretto, piazza Barche, Forte Marghera, il parco di San Giuliano e le strutture culturali e commerciali già attive in centro quali il Teatro Toniolo, il centro Candiani, la biblioteca di villa Erizzo, il centro culturale di Villa Settembrini, la Multisala Img, le gallerie commerciali e le varie corti. Una realtà urbana con grandi potenzialità dinamiche che dovrà necessariamente ricomprendere il riutilizzo di villa Querini, il recupero dell’ex emeroteca di via Poerio e dell’ex scuola De Amicis, oltre che la rigenerazione dell’ex area dell’Umberto I, vero buco nero del centro mestrino. Un disegno urbano che il nuovo polo museale è in grado di rilanciare e che va necessariamente pensato in sinergia con il distretto della scienza e della tecnica, articolato tra via Torino, con la presenza dell’università di Ca’ Foscari, e il polo scientifico/tecnologico del Vega nella Macroisola Nord di Porto Marghera che accoglie professioni creative e giovani studiosi, polo che ospiterà anche il Competence center collegato al Piano nazionale industria 4.0.

 

 

3.2.3.4 Integrazione e Promozione delle attività

Spesso si tende a scaricare sui centri commerciali o sul problema dell’accessibilità tutti i problemi del commercio cittadino. Ma la questione appare più complessa. Il tema è avere un’amministrazione in grado di affrontare un ampio spettro di problemi fornendo servizi adeguati. Uno strumento importante di attrattività è l’integrazione e la comunicazione dei diversi servizi che la Città offre. Questi sono anche i presupposti delle più virtuose sperimentazioni di Smart City. Mettere a sistema parcheggi con locali e attività (come ad esempio i cinema o i teatri dei centri urbani) attraverso una bigliettazione o una carta servizi che li leghi tra loro, prevedendo sconti e agevolazioni per chi li utilizza, permetterebbe un rilancio delle attività da questi servite, ma soprattutto porta a vivere appieno la dimensione dello spazio pubblico urbano. La Città Metropolitana potrebbe dotarsi di una figura dedicata per lavorare sulle politiche qui tratteggiate. Una figura che si occupi dei tempi di lavoro ed utilizzo della città e perciò anche dell’economica notturna.

3.2.3.5 Piano di Gestione dell’Economia Notturna

Dedichiamo un paragrafo intero all’economia notturna: una risorsa importantissima per una città turistica e universitaria come Venezia e che potrebbe coinvolgere molte altre città della Metropoli veneziana. Per questo va riconosciuto il ruolo della Movida. La buona Movida vede protagonisti i luoghi dove le persone possono incontrarsi, stare insieme, beneficiare di ritmi adeguati alla convivialità, alla conoscenza reciproca, al piacere di stare insieme, di scambiarsi idee che magari poi possono evolvere in buona progettualità. La “buona Movida” corrisponde ad un obiettivo socialmente significativo che risponde ad una domanda di nuove relazioni sempre più forte e diffusa. Per queste ragioni non è un processo che può essere lasciato a dinamiche spontanee, ma va promosso, incentivato e accompagnato.

L’Economia Notturna mette di fronte al tema della Movida e quindi, oltre al valore economico, anche alla capacità di sviluppare attrattività per le città rispondendo virtuosamente alla necessità di creare i contesti in cui le relazioni possono intrecciarsi e svilupparsi; la Movida va vista socialmente come una piattaforma capace di generare relazioni, e anche per questo motivo, solitamente poco considerato, essa ha una sua virtuosità sociale.

A tale proposito secondo un’indagine Fipe-Censis del 2013 ad uscire maggiormente la notte sono i laureati (quasi il 62%) rispetto a coloro che hanno al massimo la qualifica professionale (circa 39,7%). Il 43,7% degli intervistati del Nord-Est dichiara di frequentare il centro storico del proprio comune o di comuni limitrofi la sera o la notte. Complessivamente, comunque, risulta esistere una trasversale tendenza ad uscire con una certa intensità la notte. Venezia, come Città Metropolitana universitaria e dalla forte connotazione turistica, si colloca come una delle realtà con la più forte propensione a questo tipo di economia che però deve ancora trovare una sua dimensione stabile per cui si favorisca lo sviluppo di una buona Movida.

Secondo il Rapporto Le Opportunità della Movida promosso dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi “la visione positiva della Movida cozza fortemente con quella oggi prevalente rilanciata dai media e che, pertanto rischia di entrare nel senso comune. Vivere gli spazi pubblici, arricchirli con pubblici esercizi, attività commerciali diurne e/o notturne, con un’offerta commerciale e di entertainment variegata, pluralista, deve essere considerata cosa positiva e virtuosa; un vero e proprio obiettivo di politica sociale e della città, che genera valore sociale per la collettività, oltre a produrre occasioni occupazionali e di avvio di progetti imprenditoriali in vari ambiti”5.

La Movida, come piattaforma relazionale, è una componente essenziale per migliorare la qualità della vita; serve a chi sta pensando di trasferirsi in città perché è un fattore che attrae e coinvolge; aiuta chi deve visitare la città perché contribuisce ad aumentare il suo fascino. Comunque si tratta di un processo che va governato affinché non sfoci in “Mala Movida”, in quella cultura degli eccessi sregolati che alimentano insicurezza e insoddisfazione nella cittadinanza.

“Governare la Movida vuol dire anche ampliare le sua capacità di accoglienza, liberarla del suo coté giovanilistico o di evento di pura trasgressione, accompagnare l’ampliamento e l’articolazione della domanda che, peraltro, è già in atto, con l’irruzione di nuovi segmenti, dai più giovani agli adulti single valorizzando la sua dimensione gioiosa, conviviale, relazionale, di buon vivere”6. In alcune città estere, le amministrazioni hanno perfino istituito la figura del “Sindaco della notte”7 anche per venire incontro alle lamentele che una vita notturna non regolamentata può generare. Quando si parla di attività serali infatti ci si scontra con chi sogna una città attiva 24 ore su 24, che offra alle 3 di notte gli stessi servizi disponibili a mezzogiorno, esigenza non apprezzata da tutti i cittadini. Amsterdam ha affidato questa difficile mediazione ad un ex organizzatore di eventi. La città non ha promosso nessuna “tolleranza zero”, né ha adottato un atteggiamento lassista: semplicemente ha fatto sì che fosse un esperto della materia a cercare nuovi compromessi. Ad esempio tra i provvedimenti adottati ricordiamo: ha suggerito di lasciare aperti i locali per 24 ore, così che le persone possano tornare a casa quando preferiscono (un modo di diluire il deflusso dei festaioli e rendere più tranquilla la situazione nelle strade); ha promosso la riqualificazione di grandi spazi inutilizzati al di fuori del centro storico dove sperimentare attività notturne senza limitazioni e senza disturbare alcun residente. Idee semplici ma sulle quali l’amministrazione sta lavorando per risolvere i problemi che si riscontravano nel centro di Amsterdam.

3.2.3.6 Le peculiarità delle città storiche: il caso studio Firenze

Il commercio al dettaglio nella Città storica soffre, a causa del suo uso massicciamente turistico, condizioni eccezionali che necessitano azioni altrettanto eccezionali. Dagli anni ’90 si sono susseguiti interventi legislativi volti alla liberalizzazione e alla semplificazione degli adempimenti per l’avvio d’impresa. Una serie di interventi derivati anche dalla normativa comunitaria ed in particolare dalla cosiddetta Direttiva Bolkestein. Gli effetti di tali interventi sui centri storici sono stati quelli di piegare l’offerta commerciale alla domanda turistica. Questi effetti, che a Venezia sono sotto gli occhi di tutti, hanno un carattere distorsivo in termini di qualità urbana e sociale a partire da un appiattimento della gamma merceologica con un generale spiazzamento dell’offerta rivolta ai residenti. Non si tratta però solo di un fenomeno veneziano: il legislatore ha incominciato a porre diversi distinguo introducendo in alcune norme una maggior attenzione alla protezione del patrimonio culturale e dell’ambiente urbano in senso lato (leggi 148/2011, 214/2011, DL 21/1/2012) e aprendo così a maggiori possibilità di regolamentazione da parte degli Enti Locali. Anche il Comune di Venezia si sta muovendo in quest’ottica ma per capirne i risultati bisognerà attendere la maturazione del processo ancora in corso.

Firenze, per far fronte all’emergenza commercio nel centro storico, ha promosso il regolamento “Misure per la tutela ed il decoro del patrimonio culturale del centro storico”, approvato nel gennaio del 2016, che vieta l’apertura nel centro storico di nuove attività (anche in caso di trasferimento dall’esterno al centro storico) di commercio al dettaglio di generi alimentari, somministrazione di alimenti e bevande, oltre che di attività artigianali e industriali di preparazione o vendita di prodotti alimentari. Fa eccezione il caso in cui l’esercente si obblighi a rispettare alcune condizioni. In particolare, la vendita e somministrazione di bevande alcoliche è ammessa solo in locali con superficie non inferiore a 40 metri quadrati e con almeno un servizio igienico per i clienti, accessibile ai diversamente abili. Inoltre, non possono essere esercitate attività riconducibili a money change, phone center, internet point e money transfer. Le attività già esistenti dovranno adeguarsi entro tre anni dall’entrata in vigore del regolamento. Sono esclusi gli esercizi storici, di commercio tradizionale e gli esercizi di somministrazione. Nel centro storico riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’umanità è inoltre vietata la vendita di una serie di tipologie merceologiche, che vanno dalle materie prime tessili ai legnami e prodotti per l’edilizia, rottami e materiali di recupero. Vietata l’apertura di nuove attività commerciali, artigianali e industriali che preparano o vendono pizza, in forma esclusiva o prevalente. Sono vietate nuove attività commerciali, artigianali e industriali che utilizzino alimenti precotti o surgelati e quelle realizzate attraverso apparecchi automatici di vendita o somministrazione; sono altresì vietate le attività esclusive o prevalenti di fast food o self service (tranne in alcune zone come internamente alla stazione di Santa Maria Novella), le discoteche, sale da ballo, le officine di riparazione auto, i compro-oro, le sale giochi o centri scommesse e i centri massaggi. Nei negozi di alimentari (minimarket) è vietato pubblicizzare ed esporre nelle vetrine o in maniera percepibile dall’esterno bevande alcoliche di qualsiasi gradazione. Questi esercizi hanno l’obbligo di vendere almeno cinque tra le seguenti categorie merceologiche: da forno, frutta, verdura, gastronomia, latte e derivati, carne, pesce. I prodotti alimentari esposti per la vendita devono essere sistemati solo sugli scaffali e non direttamente a terra. Le vetrine non possono essere utilizzate per lo stoccaggio delle merci. È vietato installare pannelli luminosi diversi dalle insegne regolarmente abilitate, schermi a led, lcd o simili, che siano visibili dalla strada, ad eccezione degli addobbi natalizi nel periodo fissato dall’amministrazione. Gli esercizi già esistenti devono adeguarsi entro tre mesi dall’entrata in vigore del regolamento. Sono previste disposizioni particolari e sono consentiti solo negozi di moda di alta gamma, librerie, gallerie d’arte e antiquari, somministrazione di alimenti e bevande, banche e assicurazioni, commercio di oggetti preziosi, orologi, oggetti d’arte, cose antiche o articoli di antiquariato, articoli di numismatica e filatelia, artigianato tradizionale e artistico. Per prevenire situazioni di degrado urbano, i proprietari di immobili commerciali nel centro storico riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’umanità sono obbligati a mantenere pulite saracinesche e vetrine, anche se si tratta di locali temporaneamente sfitti o non ancora attivi. Per i locali sfitti, inoltre è previsto l’oscuramento delle vetrine in modo da rispettare il decoro estetico delle vie del centro e il divieto di affissione alle vetrine di manifesti e volantini. Le insegne devono essere mantenute in buono stato e rimosse per gli esercizi cessati. Firenze quindi potrebbe essere un caso studio importante per capire anche come intervenire a Venezia8.

3.2.3.7 Osservatorio come sentinella per le politiche di trasformazione

“Conoscere per deliberare”. Celebre frase attribuita a Luigi Einaudi ma spesso dimenticata. Negli ultimi anni gli strumenti per leggere e interpretare i cambiamenti in corso nel territorio si sono sempre più ridotti. Così, venendo meno i monitoraggi che venivano fatti annualmente da Osservatori, come il COSES, si sono perse quelle riflessioni che generavano intuizioni e portavano alla costruzione di proposte qualificate. L’Osservatorio è uno strumento per attivare politiche e deve essere utilizzato in modo attivo per innescare processi mirati. Parlare di gestione di aree urbane richiede innanzitutto l’introduzione di questo genere di strumenti.

L’economia circolare così come il digitale hanno dato nuovo senso al modo di affrontare le questioni legate alla cittadinanza attiva. L’amministrazione si deve mettere in ascolto dei cittadini e l’Osservatorio oggi potrebbe assolvere anche questo obiettivo: parte dal basso, dall’economia della condivisione con la volontà di portare i soggetti, gli attori principali, attorno ad un tavolo per farli dialogare e attivare azioni.

3.2.3.8 Un caso emblematico: le isole e i loro marchi

A caratterizzare la Città Metropolitana di Venezia è anche la straordinarietà delle sue isole. Un patrimonio naturalistico che è costituito anche da manifattura, artigianato e agricoltura: il vetro artistico di Murano, il merletto di Burano e, ad esempio, la Dorona della Venezia Nativa (Burano, Torcello e Mazzorbo).

Un marchio di protezione che garantisca l’unicità e la qualità dei prodotti delle isole è uno strumento di grande interesse per favorire il rilancio solido dell’economia lagunare. Lo storytelling di queste antiche attività diventa volano di rivitalizzazione riassunta in un logo. L’unico strumento a disposizione in grado di tutelare aziende e consumatori lo riscontriamo nell’esperienza del marchio della Regione del Veneto Vetro Artistico® Murano, un marchio collettivo istituito dalla Regione del Veneto con legge n. 70 del 23 dicembre 1994 e gestito dal Consorzio Promovetro Murano che certifica che i prodotti sono realizzati nell’isola di Murano.

Marchio della Regione del Veneto Vetro Artistico® Murano.

In questo percorso la Città Metropolitana dovrebbe porsi tra i suoi obiettivi la lotta alla contraffazione con maggiori controlli e soprattutto individuando strumenti legislativi e regolamenti atti a favorire l’apertura di attività che vendono e commerciano i prodotti originali delle isole (anche attraverso sgravi di tassazione locale).

Da tempo le vetrerie attraversano una crisi che ha colpito duramente il settore. Tra le cause ci sono i costi per l’adeguamento degli impianti in materia di sicurezza ed ambiente, gli alti costi dei trasporti, dell’energia e quelli per la raccolta delle materie prime che le piccole dimensioni delle realtà aziendali del settore fanno fatica a sostenere. A questi problemi poi bisogna aggiungere la difficoltà nel trovare giovani da formare, in mancanza di prospettive concrete e solide, per colpa di un mercato vittima della contraffazione e dalla difficile commercializzazione. La Città Metropolitana però potrebbe fungere da ponte per colmare il divario esistente tra soggetti pubblici, che possono promuovere e sostenere le iniziative facendosi garanti, e i privati. Una possibilità è data certamente dal tavolo permanente tra Comune di Venezia o tra i principali enti, istituzioni ed organizzazioni pubbliche del territorio e le principali associazioni di categoria per il vetro di Murano, in grado di definire strategie e politiche di sviluppo per la tutela ed il rilancio del distretto e per la risoluzione di eventuali problemi. Puntare sul rafforzamento delle sinergie tra il Consorzio e il Comune di Venezia anche attraverso le proprie società collegate o partecipate (Vela, ACTV, MUVE, ecc.), volte a informare e sensibilizzare i turisti italiani e stranieri che visitano la città attraverso iniziative, come ad esempio: azioni promozionali e pubblicitarie istituzionali, comuni e condivise, attraverso la disponibilità gratuita, o a tariffe agevolate, di pubblicità tabellare nei mezzi e negli spazi pubblici; presenza del materiale istituzionale del marchio Vetro Artistico® Murano nelle iniziative, fiere di settore ed attività promozionali in cui partecipa in maniera diretta o indiretta il Comune; creazione di un osservatorio Murano permanente in grado di monitorare costantemente la filiera vetro dell’isola in termini di numero e tipologia di aziende, fatturato, numero addetti, attività commerciali, ecc.; promuovere la candidatura della lavorazione del vetro di Murano quale bene intangibile dell’UNESCO, in quanto lavorazione legata all’artigianato tradizionale e locale, come stabilito dalla Convenzione per il Patrimonio Immateriale, datata 2003. Da monitorare anche la realizzazione di quanto previsto dal Patto per Venezia, firmato lo scorso 26 novembre 2016, che prevede tra gli impegni quelli di “riconoscere [per Murano] la situazione di crisi industriale complessa” e di renderla parte della “Zona Franca Doganale di Venezia”9.


1 Carlo Pavan, Nicola Pavan, Giuseppe Saccà, Venezia Città Metropolitana, Venezia, 2014, p.87.

2 Anche Milano si sta già muovendo con un simile indirizzo che, come spiega l’assessore alle Attività produttive Franco D’Alfonso, “rappresenta il modello di riferimento per valorizzare al meglio il patrimonio culturale e di tradizione dei mercati, nonché amplificarne le potenzialità economiche sulla scia di quanto oggi avviene in città all’avanguardia in questo settore, come Barcellona, Vienna o Valencia”.

http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/news/primopiano/archivio_dal_2012/commercio_turismo_servizi_civici/mercati_comunali_coperti_barcellona

3 Si rimanda allo scenario 4: E se Venezia si reinventasse a partire dalla casa e dagli spazi abbandonati? paragrafo “3.4.2.5 Il Principio di Sussidiarietà”.

4 Per le possibili sinergie tra università e associazionismo si rimanda allo scenario 3: E se Venezia diventasse il primo polo universitario per innovazione sociale e culturale d’Europa? paragrafo “3.3.3 Oltre la tripla elica: innovazione sociale e “terza missione”” e “3.3.5 Il “superluogo” Venezia”.

5 AA.VV., 2013, Le opportunità della Movida. Andare oltre la deriva circense di centri e luoghi storici delle città italiane. Rapporto finale, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, pg.42.

6 AA.VV., 2013, Le opportunità della Movida. Andare oltre la deriva circense di centri e luoghi storici delle città italiane. Rapporto finale, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, pg.151.

7 A tal proposito si rimanda agli articoli Giovanni Vecchio, “Amsterdam e il sindaco della notte: vita notturna nella capitale del divertimento” in cityproject: http://www.cityproject.it/amsterdam-e-ill-divertimento/ o ancora “Indovina il mestiere di quest’uomo.” in smart magazine: http://www.smart-magazine.com/it/sindaco-notturno-mirik-milan-amsterdam/

8 In riferimento a Venezia si veda: Comune di Venezia, Direzione Commercio e Attività Produttive, Obiettivo gestionale “Aggiornamento Regolamento per l’insediamento di attività commerciali, artigianali e di pubblico esercizio a salvaguardia di particolari ambiti del centro storico di Venezia” – Relazione sullo stato di attuazione dell’attività.

In riferimento di Firenze si veda: Comune di Firenze, Regolamento: Misure per la tutela ed il decoro del patrimonio culturale del centro storico.