3.6.5 Area della fragilità

3.6.5.1 Le scelte per gli anziani

Se all’interno delle politiche sociali e socio-sanitarie vogliamo affrontare le problematiche conseguenti all’invecchiamento della popolazione dobbiamo darci l’obiettivo di porre al centro la persona anziana creando le condizioni per fare sistema e costruire una rete di servizi ed interventi che garantiscano la presa in carico e la continuità assistenziale.

Uno dei metodi per raggiungere questo obiettivo in Veneto è l’elaborazione e la pratica di un modello in grado di sviluppare sinergie e superare la frammentazione delle strutture residenziali a partire dalle IPAB, riorganizzando l’attuale disomogenea assistenza domiciliare integrandola di più con gli altri servizi socio-sanitari.

Un’efficace risposta ai nuovi bisogni conseguenti all’invecchiamento della popolazione, alla frammentazione delle famiglie, alla riduzione del tempo e delle risorse per il lavoro di cura non può essere trovata da semplici generalizzazioni di contributi o modelli assicurativi, ma attraverso una rete di servizi pubblici di qualità a favore della famiglia e delle persone bisognose di assistenza.

In particolare sarebbe importante:

      • affrontare efficacemente la perdurante criticità rappresentata dalla frammentazione dei servizi e dei dipartimenti promuovendo una rete integrata di servizi che sappia superare la settorializzazione e la parcellizzazione degli interventi;
      • garantire la presa in carico complessiva dell’utente e la continuità assistenziale con un raccordo tra servizi che concorrono alla residenzialità e alla domiciliarità, comprese le dimissioni ospedaliere protette con percorsi di raccordo tra strutture e servizi territoriali come tra centri diurni e assistenza domiciliare. Una efficace presa in carico comporta una visione d’insieme, globale che considera i diversi aspetti della persona riconducibili al settore cognitivo comportamentale, al settore funzionale organico e al settore socio ambientale e relazionale;
      • favorire le cure e i servizi domiciliari rispetto alla risposta residenziale puntando ad un elevato livello di protezione della domiciliarità che riesca a mantenere legami essenziali quali sono quelli affettivi, familiari e amicali.

In questa prospettiva dobbiamo considerare che le modalità di intervento variano notevolmente in relazione alle diverse tipologie di utenti e ai loro specifici bisogni e richiedono pertanto l’attivazione di una complessa ed articolata rete dei servizi.

Tenendo conto però della precarietà del quadro generale nazionale e regionale che registra purtroppo un depotenziamento e una incompleta applicazione della legge quadro dell’assistenza, un ritardo enorme nella riforma delle IPAB con una conseguente mancata riorganizzazione della residenzialità, una lenta e continua riduzione delle risorse per i servizi sociali si tratta di ricercare dei percorsi di avanzamento possibili.

Tra questi possiamo individuare:

      • lavorare perché la legislatura regionale non si concluda ancora una volta senza la riorganizzazione delle IPAB;
      • puntare ad un riordino delle IPAB che possa portare ad una governance unica che realizzi un maggiore avanzamento della rete dei servizi che comprenda l’assistenza domiciliare, la domiciliarità protetta, servizi intermedi come i centri diurni e centri di aggregazione, un ventaglio di offerte di servizi residenziali, dagli accoglimenti temporanei sino alle tipologie diversificate in base ai diversi bisogni degli anziani. L’opzione per una azienda pubblica di servizi alla persona risponde a nostro avviso in modo più convincente ad un rafforzamento della centralità del ruolo degli enti locali;
      • Il P.d.L. n. 25 della Regione Veneto affrontando il tema della riorganizzazione delle IPAB con la de-pubblicizzazione consentirà senza dubbio alle nuove fondazioni di essere maggiormente competitive nel mercato, liberandosi dei costosi vincoli burocratici legati alla natura pubblica. Per contro, l’Ente pubblico è patrimonio di tutti ed ha intrinsecamente una vocazione al servizio alla collettività, anche senza che ciò comporti l’ottenimento di un utile economico. Per questo vale la pena condividere una riflessione per le IPAB che non potranno – o non vorranno – trasformarsi in fondazioni e che, quindi, acquisiranno lo status di Aziende Pubbliche di Servizi alla Persona. Sulla base di quanto previsto dal PdL in parola per le APSP rimarranno i vincoli attuali. Come detto sopra, infatti, il problema di molte IPAB attualmente è la sostenibilità dei costi a fronte di una concorrenza sempre maggiore.

Vale la pena evidenziare in particolare due degli aspetti che maggiormente incidono sull’equilibrio dei bilanci e che non verrebbero risolte con la trasformazione in APSP:

a) IRAP: le IPAB pagano l’imposta regionale al 8,5% avendo come base imponibile le retribuzioni corrisposte ai dipendenti. Si tratta di un importo importante per tutti i bilanci delle IPAB. Dopo la trasformazione in APSP l’aliquota prevista sarebbe pari al 7,50%. Ma la questione più rilevante non è la percentuale in sé, quanto piuttosto la differenza di aliquota rispetto agli altri soggetti non profit (in particolare cooperative sociali) che erogano gli stessi servizi. Queste infatti pagano il 3,35%. Si tratta di un trattamento fortemente penalizzante al quale si potrebbe porre rimedio mediante una ridefinizione dell’aliquota IRAP (L.R. 36/2007 art. 2 c. 1 e L.R. 1/2009 art. 8 c. 1 lett. e)

b) Malattie e maternità dei dipendenti: i trattamenti previdenziali ai dipendenti devono essere assicurati dall’IPAB (e successivamente dall’APSP), così come vale per tutti gli Enti pubblici. Questa caratteristica, combinata con l’alta incidenza di lavoratrici donne costituisce una variabile incontrollabile che penalizza fortemente la competitività degli enti. Va da sé, quindi, che solo per maternità l’IPAB ha un maggior costo rispetto ai concorrenti; considerando poi le spese per le malattie e per i permessi ex lege 104 la somma aumenta ancor di più e costituisce un ingiusto carico economico sulle rette pagate dagli ospiti.

Una legge di disciplina delle APSP che non consideri questi importanti fattori potrebbe tradursi in una norma che cambia il nome degli enti, riorganizza la governance, ma lascia inalterati i problemi.

L’introduzione di tali forme agevolative creerebbero anche le condizioni sulla cui base numerosi Enti potrebbero optare per il mantenimento della natura giuridica pubblica, rimanendo patrimonio comune e risorsa per la collettività. Focalizzare nel processo di unione dei comuni e della concreta realizzazione della Città Metropolitana la costruzione dal basso di livelli omogenei di risposte ai bisogni sociali del territorio.

3.6.5.2 Le scelte sull’area della salute mentale

Quest’area comprende i servizi deputati alla risposta alle patologie di ambito psichiatrico, le dipendenze patologiche, sia in area adulta che nell’età minore, ed è caratterizzata dalla necessità di intervento sia in senso sanitario che sociale.

Nel tempo, nella Regione Veneto, è fortemente diminuito l’interesse per quest’area, con conseguente disinvestimento economico e scarsa attenzione all’integrazione socio sanitaria.

Va ricordato che nella Regione Veneto, che pur aveva aderito all’attuazione della legge 180, solo la Provincia di Venezia aveva messo in atto un reale processo di superamento e chiusura dell’ospedale psichiatrico, mentre nel resto del Veneto era prevalsa una linea incentrata sulla costituzione di servizi ospedalieri e ambulatoriali, vedendo la soluzione del problema manicomio in una sorta di lisi dovuta al blocco dei ricoveri e l’invecchiamento della popolazione assistita.

Oggi si assiste a un marcato aumento dei pazienti ricoverati in strutture di tipo comunitario, in numero decisamente superiore a quelli una volta ricoverati negli ospedali psichiatrici.

I servizi per le dipendenze, ridotti a punti di smistamento verso le strutture del privato sociale, appaiono ancora incentrati sulla dipendenza da eroina e poco orientati alle patologie alcol correlate (particolarmente rappresentate in Veneto) alla dipendenza da cocaina, all’abuso di cannabinoidi soprattutto nell’età giovanile.

I servizi per minori mantengono indistinta l’offerta per le patologie neurologiche rispetto a quelle più prettamente psichiatriche, non sono dotati di strutture cliniche, anche loro devono avvalersi in modo sproporzionato del privato sociale.

Appare necessario un ripensamento dell’attuale modello organizzativo che vede i servizi di quest’area separati e spezzettati nonostante la sempre maggiore incidenza di patologie caratterizzate dalla comorbidità e trasversali alle età della vita.

Appare evidente che in quest’area, rispetto alle esperienze di avanguardia del passato, una situazione involutiva, con uno spostamento dell’offerta di servizio in una logica di keeping, di assistenza e non di trattamento.