Chi sono i lavoratori dell’innovazione
Il presente studio ha le sue premesse in un ampio dibattito scientifico sullo sviluppo economico e sociale dei territori, che oggi appare concorde nel sottolineare due aspetti:
– la capacità d’innovazione è il fattore chiave per assicurare la crescita e la competitività di un sistema produttivo territoriale;
– quello composto dai lavoratori e dai professionisti dell’innovazione è un settore capace di generare grande indotto occupazionale – recenti stime parlano di un rapporto di 1 a 5 (E. Moretti, 2013).
La “classe” degli innovatori in senso ampio è composta da professioni per lo più ai margini di discipline e modelli d’organizzazione formalizzati, un universo dai confini porosi.
La ricerca considera professionisti dell’innovazione gli appartenenti a quattro insiemi:
– la Creative Class, ossia quella classe raccontata da Richard Florida nel 2000 che comprende scienziati, ingegneri, docenti
universitari, poeti e romanzieri, artisti, attori, stilisti e architetti, designer, dirigenti editoriali, operatori del mondo culturale,
ricercatori, analisti e opinionisti;
– il terziario avanzato nella sua accezione tradizionale, ossia il mondo della ricerca che dalle università arriva ai centri di
ricerca pubblico-privati e ai Parchi Scientifici e Tecnologici;
– le professioni che svolgono attività di servizio ad alto valore aggiunto all’interno delle PMI e al no-profit (service professions);
– i cosiddetti makers, che sembrano avere grandi possibilità di sviluppo in una struttura produttiva metropolitana fatta di
imprese artigiane e manifatturiere.
Si tratta di un insieme di lavoratori ancora poco studiati e con notevoli differenze contrattuali: lavoratori a tempo indeterminato e determinato; collaboratori a progetto e lavoratori interinali; partite IVA delle professioni regolamentate o meno. Questa varietà si riflette nella difficoltà di accesso a dati certi e tra loro comparabili. In questo studio ci si è affidati alle banche dati di Istat, Veneto Lavoro, Ministero dell’economia e delle finanze, INPS e Unioncamere, con l’obiettivo di definire un quadro conoscitivo originale e utile a decifrare lo scenario.
L’unica chiave che permette di entrare in questo mondo eterogeneo in termini statistici è ancora oggi fornita dai codice Ateco 2007. Tale classificazione costituisce la versione nazionale della nomenclatura europea, è stata definita ed approvata da un Comitato di gestione appositamente costituito. Esso prevede la partecipazione, oltre all’Istat che lo coordina, di numerose figure istituzionali: i Ministeri interessati, gli Enti che gestiscono le principali fonti amministrative sulle imprese (mondo fiscale e camerale, enti previdenziali, ecc.) e le principali associazioni imprenditoriali. Per la prima volta il mondo della statistica ufficiale, il mondo fiscale e quello camerale adottano la stessa classificazione delle attività economiche.
Nel nostro caso stiamo parlando di professioni quali:
• edizione di giochi per computer e software a pacchetto;
• attività di produzione cinematografica, di video e di programmi televisivi compresa la postproduzione; studi di registrazione
sonora (ed edizione sonora);
• programmazione e trasmissioni televisivi; erogazione di servizi di accesso ad internet;
• intermediazione in servizi di telecomunicazione e trasmissione dati;
• gestione di database;
• un insieme articolata di servizi finanziari (ad esempio fondi comuni di investimento, leasing finanziario, attività di factoring e merchant bank);
• attività di consulenza varie (ad esempio logistica aziendale, pubbliche relazioni e comunicazione);
• servizi di progettazione di ingegneria integrata;
• attività tecniche svolte da geometri;
• collaudi e analisi tecniche di prodotti;
• controllo di qualità e certificazione di prodotti, processi e sistemi;
• tutti i campi afferenti al settore Ricerca e Sviluppo;
• conduzione di campagne di marketing e altri servizi pubblicitari;
• ricerche di mercato e sondaggi di opinione;
• attività di design vari (design di moda e design industriale ma anche disegnatori grafici di pagine web e disegnatori tecnici);
• consulenze tecniche di varia natura;
• corsi di formazione e corsi di aggiornamento professionale;
• il mondo della attività artistiche e creative.
(clicca sulla tabella sottostante per ingrandirla)
Oltre 135mila lavoratori dell’innovazione nelle province di Venezia, Padova e Treviso
Le ricerche della Fondazione Pellicani hanno portato a stimare in oltre 135.000 i lavoratori dell’innovazione nella PaTreVe. La tabella seguente mostra le due componenti costitutive del settore, così eterogeneo e diversificato per campi di attività e tipologie di inquadramento, ma comunque riconducibile ai due macro-settori dei lavoratori dipendenti e autonomi.
Poichè tra i due insiemi possono esserci sovrapposizioni, il totale emerge da una somma accompagnata dagli opportuni correttivi e dalle cautele necessarie.
Vale la pena mettere in evidenza un dato: le quasi 26000 partite IVA rappresentano ben il 41% dei lavoratori autonomi dell’intera metropoli comprendente Venezia, Padova e Treviso. Rispetto agli addetti alle unità locali, quelli riconducibili al settore dell’innovazione sono l’11%. I numeri di questo settore sono dunque importanti. Un paragone suggestivo è quello tra il totale dei lavoratori dell’innovazione nella metropoli odierna e l’intera popolazione di occupati dal polo industriale di Porto Marghera negli anni della sua massima espansione: l’ordine di grandezza è il medesimo.