3.1.2. Internazionalizzazione e traffici merci

 

Il peso della Cina come “nuova fabbrica del mondo” ha determinato una rinnovata importanza del Mediterraneo nei traffici mondiali di merci. Le navi portacontainer attraversano il Canale di Suez, il cui pescaggio è stato portato a 18/20m di profondità, attraversano il Mediterraneo e fanno rotta verso i porti del Nord Europa (Rotterdam che da sola movimenta più container di tutta l’Italia messa insieme, Amburgo, Anversa, Bremerhaven e Amsterdam) che movimentano la maggior parte dei container in arrivo e in partenza per i mercati dell’Europa centrale e orientale. I porti del Nord Europa sono preferiti a quelli del Mediterraneo – nonostante per raggiungerli le navi portacontainer debbano percorrere almeno tre giorni aggiuntivi di navigazione – per vicinanza geografica ai mercati manifatturieri dell’Europa centrale, ma soprattutto per l’efficienza del loro sistema portuale e doganale. Questi porti garantiscono infatti tempi brevi e certi di transito dei containers (indicativamente la metà di quelli italiani). L’Italia sconta la frammentazione in troppi porti piccoli che si fanno concorrenza, la mancanza di una politica unitaria, la complicatezza dei controlli doganali che si duplicano tra enti e ministeri differenti, la mancanza di infrastrutture portuali adeguate e l’insufficienza della rete infrastrutturale retro-portuale (soprattutto ferroviaria).

   
La mappa1 illustra i maggiori porti europei e il traffico con l’estremo oriente nelle regioni della northern range e del Mediterraneo; in evidenza le rotte delle navi portacontainer e le rotte verso i principali porti europei Quote di mercato negli Hub del Mediterraneo. Confronto 2005-2012 sulla base dei TEU movimentati 2

Oltre ai flussi Est-Ovest, Venezia potrebbe inoltre avere una posizione di rilievo nei traffici intramediterranei. Il Mediterraneo sta diventando una regione di scambio autonoma per effetto dell’aumento dei flussi dovuto allo sviluppo dei Paesi della sponda Sud Est. In questo contesto, appaiono chiare le potenzialità di sviluppo dei Paesi europei che si affacciano sul bacino e, in particolare dell’Italia, che vanta oltre ad un posizionamento geografico favorevole che le consente di intercettare oltre il 30% del traffico internazionale in transito, anche consolidati rapporti commerciali con i Paesi dell’area Med dei quali è il 1° partner nell’UE 27 in termini di import-export3.

Sembrerebbe soprattutto la mancanza di una politica unitaria a rischiare di compromettere la competitività dell’intero Nordest. Il recente riordino delle Autorità portuali che ha portato alla fusione dei porti di Venezia e Chioggia, ha comunque mantenuto Autorità differenti per i porti di Ravenna e di Trieste (Trieste e Monfalcone), per cui non si può che auspicare a un forte intervento a livello nazionale per determinare le sorti di questo sistema portuale diffuso così poco competitivo per i grandi traffici merci.

La progettualità in questo campo non manca, ma è essa stessa altamente concorrenziale tra i vari porti. Due cose sembrano emergere in modo condiviso dalle analisi: da Ravenna a Fiume, di grandi hub in grado di essere competitivi a livello internazionale non ce ne possono essere molti4; e la competitività in questo campo non si basa solamente sulla dotazione infrastrutturale ma soprattutto sull’efficienza e l’organizzazione dei servizi portuali per garantire tempi e prestazioni certe.

3.1.2.1 Il porto off-shore

L’obiettivo di questo progetto è dotare l’alto mediterraneo di una nuova infrastruttura in grado di effettuare il transhipment (trasbordo) dalle grandi navi (deep-sea che trasportano fino a 18.000 containers) a chiatte in grado di distribuire la merce ai porti di terraferma, dotati del retroporto adeguato a spedire le merci nel continente. Quali investimenti sono necessari per catalizzare questi flussi di merci a favore dell’area Metropolitana allargata?

Una prima ipotesi sembra essere quella di costruire una piattaforma Off-Shore condivisa tra i porti di Chioggia e di Venezia. La mancanza di sinergia del progetto con i porti di Trieste, Monfalcone e Ravenna potrebbe comportare sviluppi incerti del progetto. Si rende quindi necessaria una decisione politica a livello nazionale. Non a caso il maggiore oppositore del progetto off-shore è il porto di Genova, altra posizione privilegiata di accesso al nord italiano e alle aree centro-europee (per il quale l’apertura del nuovo traforo ferroviario del Gottardo rappresenta sicuramente una carta a favore).

Il progetto del Porto Offshore sulla base della documentazione disponibile dal sito dell’Autorità Portuale di Venezia.

3.1.2.2 Corridoio 5 su ferro

I collegamenti ferroviari giocano un ruolo importante nella strategia territoriale: a fronte della perifericità di Venezia rispetto ai collegamenti nord-sud, appare ormai preoccupante il ritardo nello sviluppo del Corridoio 5 Lisbona Kiev (nella tratta Milano-Venezia e Venezia-Trieste). Questo ha probabilmente ormai compromesso lo sviluppo di trasporti via ferro verso Est e solo una forte politica unitaria su base nazionale e di relazioni europee sembrerebbe la soluzione per rovesciare la situazione esistente.

I due problemi principali per la tratta interessata da Venezia sono riscontrabili sul nodo di Vicenza e sulla tratta Venezia-Trieste che sono state oggetto di imbarazzanti vicissitudini progettuali legate alla scelta del tracciato. Ma ripercorriamo il progetto nella sua interezza iniziando la nostra panoramica da Milano utilizzando come fonte il prezioso lavoro di monitoraggio condotto da Ferrovie a Nordest:

La Milano – Treviglio – Brescia è già stata quadruplicata qualche anno fa con tecnologie tradizionali nella tratta Milano – Treviglio, mentre sono in corso i lavori di costruzione della nuova linea Treviglio – Brescia. La tratta si configura come una linea AV, con alimentazione a 25 kV in corrente alternata e come sistema di segnalamento il solo ERTMS/L2, al pari delle altre linee AV italiane di nuova costruzione. Non sono presenti stazione intermedie fra Treviglio e Brescia.
I lavori sono in uno stadio molto avanzato: a Gennaio 2016
 sono iniziati i primi collaudi. La messa in esercizio è prevista con il nuovo orario di dicembre 2016. L’impatto sui servizi di lunga percorrenza non sarà trascurabile. Con l’apertura della nuova tratta questi treni potranno percorrere entrambe le linee AV Torino – Milano e Milano – Brescia, con un sensibile abbattimento dei tempi di percorrenza (circa un’ora in meno per la tratta Venezia – Torino, da 4h 30′ a 3h 30′).

La tratta Brescia – Verona è attualmente in fase di progettazione definitiva; il tracciato iniziale è in fase di revisione per diminuire l’impatto ambientale ed economico, con riferimento alle coltivazioni pregiate presenti in zona. La Legge di Stabilità 2015 ha reso disponibili 2.268 Milioni di Euro a fronte di circa 4.000 stimati per il completamento della tratta. Non sono ancora disponibili stime sui tempi di realizzazione, anche se l’AD di Ferrovie dello Stato ha promesso genericamente l’avvio dei lavori per “l’anno prossimo”. La tratta dovrebbe avere caratteristiche tecnologiche di linea AV, ovvero tracciato separato dalla linea storica, alimentazione a 25 kV CA, segnalamento ETCS/ERTMS livello 2 (assenza di segnali luminosi).

La tratta Verona – Padova è la meno avanzata dell’intero asse; la scelta della Regione Veneto di investire energie mediatiche ed economiche nel progettare una TAV Venezia – Trieste si è rivelata controproducente, e col senno di poi anche “sospetta”. Mentre dal lato lombardo la conclusione si avvicina, il territorio veneto vive da ormai un decennio una fase di confuso dibattito. Il recente orientamento di RFI sembra essere quello di un progetto meno impattante di quanto visto altrove in termini di TAV, ed è quasi sicura la scelta dell’affiancamento alla linea esistente, per quanto possibile. Lo stato di avanzamento è quello di progettazione preliminare o definitiva a seconda delle sub-tratte:

Verona – Montebello e Montebello – Vicenza: progetto definitivo completato dal General Contractor a fine 2015 e consegnato al Ministero;

Nodo di Vicenza: il progetto presentato da Camera di Commercio e dal Sindaco Achille Variati è stato giudicato da RFI troppo costoso e soggetto a rischio idraulico; soluzioni alternative sono in fase di valutazione;

Vicenza – Padova: probabile affiancamento da Grisignano a Padova. Per la prosecuzione delle progettazioni e l’avvio dei primi cantieri negli anni successivi sono stati impegnati 1.869 Milioni di Euro, a fronte di una spesa complessiva stimata in circa 5 Miliardi. Non è ancora disponibile alcuna stima sui tempi di realizzazione (Dati Sole24ore del 24/02/16).

La tratta Padova – Mestre è stata quadruplicata in affiancamento alla linea storica, senza marciapiedi e con tecnologie tradizionali (segnalamento luminoso ed alimentazione a 3 kV CC); consente i 220 km/h di velocità massima ed è stata aperta all’esercizio nel 2006.

Per quanto riguarda il nodo di Mestre e Venezia, attualmente è in corso una graduale riorganizzazione di impianti e binari lungo la tratta terminale dell’asse, con particolare attenzione alla struttura della stazione di Venezia. Sono tutti lavori gestiti internamente da RFI e non comportano nuove costruzioni visibili al pubblico. L’obiettivo è quello di aumentare la capacità del lungo ponte sulla laguna in modo da poter accogliere un eventuale aumento del traffico a lunga percorrenza; diventerà anche possibile prolungare a Venezia almeno alcune corse regionali che oggi fanno capolinea a Mestre.

Sulla Venezia – Trieste, infine, si conferma la prosecuzione del progetto di potenziamento della linea attuale. 

3.1.2.3 Il corridoio Adriatico-Baltico

L’attuale conformazione del corridoio Baltico-Adriatico ha 1800 km di lunghezza, attraversa 6 paesi (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Austria, Slovenia e Italia), contiene 13 nodi urbani ed aeroporti, 10 porti, 30 terminali merci e una rete ferroviaria complessiva di oltre 4200 km. Secondo il Work Plan del coordinatore del progetto europeo, il traffico è al momento prevalentemente su gomma e le proiezioni al 2030 non sembrano invertire tale tendenza, a prescindere dall’investimento sulla rete ferroviaria che potrà aumentare al massimo di un 5% la sua quota di merci trasportate. La rete ferroviaria soffre in questo momento di limitazioni sia per quanto riguarda il carico sui binari (10% del corridoio), la velocità massima consentita (31% del corridoio), la lunghezza dei treni (84% del corridoio).

Corridoio Baltico Adriatico.

3.1.2.4 La possibilità di un collegamento ferroviario tra Venezia e Monaco

Il 13 febbraio 2016 è stato firmato a Cortina un’interessante protocollo di intesa fra la Regione Veneto, la Provincia Autonoma di Bolzano ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Soggetto dell’accordo è lo studio per il ripristino di un collegamento ferroviario fra Calalzo, Cortina e Dobbiaco. L’obiettivo di Zaia sarebbe quello di avere la tratta fino a Cortina pronta in tempo per i Mondiali di Sci del 2021.

Va precisato che il protocollo di intesa per ora prevede unicamente “lo studio di fattibilità per definire le politiche trasportistiche, il modello di esercizio e le linee guida progettuali che consentano di quantificare l’impegno economico dell’opera”, da sottoporre a valutazione all’inizio del 2017; non sono stati ancora presi impegni di alcun tipo riguardo progettazione e finanziamenti.

Premesso questo, si tratta sicuramente di un progetto interessante per la mobilità locale e regionale, non solo turistica; a maggior ragione se, come vociferato, le linee afferenti a Calalzo venissero potenziate con lavori mirati. Se si escludono ristrutturazioni e raddoppi in sede, per la Regione del Veneto sarebbe la prima nuova opera ferroviaria a valenza passeggeri dopo la riapertura della Treviso – Portogruaro nel 20005.

3.1.2.5 Gli interporti

Padova e Verona sono due interporti di primo piano che operano su scala nazionale. L’Interporto di Padova ospita circa 80 aziende presso cui sono occupate circa 1.200 persone, con un indotto di oltre 3 mila addetti. In una superficie di quasi 2.000.000 mq trovano collocazione sia infrastrutture ferroviarie e terminalistiche che magazzini per corrieri, spedizionieri ed operatori della logistica.

Posto all’incrocio delle autostrade del Brennero (direttrice nord-sud) e Serenissima (direttrice ovest-est), nonché all’incrocio delle corrispondenti linee ferroviarie, l’Interporto Quadrante Europa di Verona si estende su una superficie di 2.500.000 mq ed è collegato direttamente con l’aeroporto di Verona-Villafranca. Primo in Italia per volumi di traffico combinato, è stato riconosciuto il miglior interporto a livello europeo. Rappresenta un punto di incontro ideale per il trasporto merci stradale, ferroviario ed aereo, nazionale ed internazionale; in particolare vi sono trattati i traffici merci internazionali provenienti o diretti al centro-nord Europa attraverso il Brennero, i traffici da e perla Francia e la Spagna e per i Paesi dell’Est europeo. In un anno vi transitano oltre 6 milioni di tonnellate di merci su ferrovia e 20 milioni di tonnellate su gomma.

Mappa degli interporti in Italia.

3.1.2.6 Le vie d’acqua

Il sistema idroviario Padano-Veneto si compone di una rete di vie navigabili che collegano il mare Adriatico, nel tratto compreso tra Ravenna e Trieste, all’entroterra della Pianura Padana fino alla città di Piacenza; attualmente il sistema è basato fondamentalmente sul fiume Po, il sistema di canali Fissero-Tartaro-Canalbianco, la Litoranea Veneta e l’idrovia Ferrarese e l’obiettivo programmatico del suo sviluppo futuro è quello di connettere la città di Milano e di adeguare la rete alla classe Va6 di navigazione7.

Negli anni ’60 il sistema idroviario a servizio della pianura padana era stato ipotizzato molto più ampio di quello attuale. In questa ipotesi doveva essere creato un asse parallelo a quello del fiume Po passante per Venezia – Padova – Vicenza – Verona – Brescia – Novara connettendo tutti i grandi laghi, dal Garda al Maggiore. Progetto mai realizzato a causa delle oggettive difficoltà tecniche e della diminuita attenzione sul trasporto via acqua. A partire dalla fine degli anni ’70 il sistema idroviario Padano Veneto ha subito varie vicissitudini che hanno portato alla realizzazione parziale della Idrovia Padova-Venezia. Le opere realizzate (circa la metà) rappresentano un segno facilmente riconoscibile sul territorio e anche se alcune di esse risultano completate, a causa del loro inutilizzo e dell’assenza di manutenzione, sono diventate simboli di un progetto rimasto attualmente incompiuto.

Canali navigabili attualmente in esercizio – Rete Idroviaria – Azienda regionale per la navigazione interna, 2007.

Negli ultimi anni la Regione Veneto ha dato nuovo impulso alla progettazione per il completamento dell’Idrovia Padova-Venezia. Citando la relazione tecnica illustrativa del progetto preliminare: l’idea di un collegamento fluviale tra Padova e Venezia per il trasporto delle merci nasce in Veneto intorno agli anni Sessanta, sotto la spinta delle Camere di Commercio delle due città, per sostituire il preesistente collegamento acqueo che si svolgeva attraverso il Naviglio di Brenta, esistente sin dal 1200 e transitabile solamente da imbarcazioni di 150‐300 tonnellate. L’ufficio del Genio Civile lagunare appronta nel 1955 un primo studio che otto anni dopo sarà alla base di una legge statale (la n° 92 del 3 febbraio 1963) per il finanziamento dell’opera. Il progetto subisce numerose variazioni e nel 1968 vengono appaltate le prime opere: attraversamenti ferroviari e stradali, ponti, conche e il primo tratto di canale a partire dalla laguna veneziana fino al Taglio Nuovissimo, che dal Naviglio del Brenta costeggia la statale Romea. Nove anni dopo iniziano i lavori dalla parte opposta, compresi i sei chilometri di canale che collega la zona industriale di Padova al Brenta. Durante gli anni Ottanta vengono completate alcune delle infrastrutture previste, tuttavia la struttura principale del canale non procede nonostante i finanziamenti. Parte delle risorse viene impiegata per la manutenzione delle prime opere costruite, ormai obsolete e mai utilizzate. Nel 1990 riprendono i lavori nella zona di Padova, all’inizio del canale artificiale sul porto interno, e si costruiscono banchine e approdi, ma i lavori si fermano nuovamente nel 1992.

Ad oggi l’opera è stata realizzata per poco più della metà. Dei 27 chilometri di tracciato ne sono stati realizzati circa 17: tredici chilometri dall’Interporto padovano fino a ridosso del fiume Brenta, nella zona di Vigonovo, e circa quattro dalla laguna fino a Piazza Vecchia.8

Come ricorda la relazione di progetto la nuova idrovia avrà 3 funzioni principali:

  • Come canale navigabile l’opera si inserisce nel sistema idroviario Padano – Veneto, che si compone di una rete di vie navigabili che collegano il mare Adriatico, nel tratto compreso tra Ravenna e Trieste, all’entroterra della Pianura Padana fino alla città di Piacenza; attualmente il sistema è basato fondamentalmente sul fiume Po, sul sistema di canali Fissero-Tartaro-Canalbianco, sulla Litoranea Veneta e sull’idrovia Ferrarese. Tale sistema, e l’opera in progetto in particolare, potrebbe avere un ulteriore impulso con la realizzazione del porto offshore di Venezia (attualmente in progetto): le grandi navi portacontainer scaricherebbero il loro carico nel porto off-shore (previsto in mare Adriatico 8 miglia al largo della costa) e da qui i container, utilizzando delle navi più piccole, raggiungerebbero i porti dell’alto Adriatico e interni, tra cui anche quello di Padova attraverso il canale navigabile.
  • La funzione di canale scolmatore del sistema Brenta-Bacchiglione permetterà di mitigare sensibilmente la pericolosità idraulica del Padovano: in corrispondenza dell’intersezione con il fiume Brenta potranno essere scaricati 350 m³/s (che potranno arrivare fino a 450 m³/s in condizioni particolari), consentendo di gestire con maggior flessibilità anche le piene del Bacchiglione che, in corrispondenza al nodo di Voltabarozzo, possono essere in parte veicolate attraverso il canale San Gregorio-Piovego nel fiume Brenta a Strà e da qui, 1.5 km più a valle, essere scolmate in idrovia.
  • Infine l’opera in progetto ha importantissime valenze ambientali e paesaggistiche. Innanzitutto l’opera permetterà di addurre acque dolci e materiale solido in laguna di Venezia, che soffre di sempre più intensi processi di erosione con una perdita netta di sedimenti, che sta radicalmente modificando in senso negativo la morfologia. Inoltre l’opera è stata progettata includendo lungo il suo tracciato fasce ad alto valore ambientale (corridoi ecologici, aree umide, aree alberate) e paesaggistico-ricreativo (pista ciclabile, parchi) fruibili dalla cittadinanza.

Alla presentazione del progetto, il presidente della Regione Veneto ha puntato soprattutto sulla chiave del miglioramento del rischio idraulico, ma segnaliamo il dichiarato interesse del porto di Venezia ad includere questa nuova risorsa territoriale nell’ambito portuale. Sarebbe senza dubbio positivo, se verrà realizzato il nuovo porto offshore nell’alto adriatico, includere l’interporto di Padova nel ragionamento sui retro-porti di terra in un’ottica di sfruttamento diffuso dell’infrastruttura ferroviaria per non sovraccaricare il nodo di Mestre.

3.1.2.7 La zona franca9 e la rigenerazione di Porto Marghera

Di recente istituzione è un punto franco a Venezia destinato allo stoccaggio di merce terza senza assolvimento dei dazi doganali e di qualsiasi altro prelievo fiscale per il periodo della permanenza all’interno della Zona Franca.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale del 22 marzo 2013 è stato autorizzato lo spostamento e l’ingrandimento all’interno dell’ambito portuale a Marghera del punto franco del porto di Venezia. Si tratta, così dispone l’art.1 del predetto decreto, di un’area, “individuata all’interno degli spazi doganali del Porto commerciale di Marghera, avente una superficie complessiva di circa 8.080 metri quadrati, che si colloca tra l’attuale varco di accesso al Porto-Molo A e la rotatoria situata nelle aree comuni, confinante, in particolare:

  • a nord, con le aree demaniali destinate a parcheggio automezzi confinanti con via dell’Azoto;
  • ad est, con le aree comuni interne al porto destinate a viabilità e con la prosecuzione di via del Commercio nel tratto compreso tra il varco d’accesso molo A e la rotatoria presente nelle aree comuni interne al porto;
  • ad ovest con via dell’Azoto, con il nuovo varco doganale e l’area demaniale destinata alla viabilità pubblica d’accesso al porto;
  • a sud con le aree comuni interne al porto destinate alla viabilità e, in particolare, occupate da rotatoria stradale.

È da sottolineare che la Zona Franca, in base alle opinioni emerse nelle interviste, dovrebbe essere intesa come un complemento o uno strumento eccezionale di lancio, integrato con i servizi logistici del porto e legato alla bonifica e riqualificazione ambientale di Porto Marghera. Lungi dall’essere lo strumento principale di rilancio, non si dovrebbe immaginare che l’unico presupposto di insediamento di imprese sia il beneficio fiscale dovuto alla detassazione della Zona Franca.


1 Tratto da LIMES, Il mare nostro è degli altri, Giugno2009.

2 Arianna Buonfanti, Lo shipping e la portualità nel Mediterraneo: opportunità e sfide per l’Italia – in Rivista di economia e politica dei trasporti, 2013, https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/9560/1/ /REPoT_2013(3)-1_Buonfanti.pdf.

3 Arianna Buonfanti, Lo shipping e la portualità nel Mediterraneo: opportunità e sfide per l’Italia – in Rivista di economia e politica dei trasporti, 2013, https://www.openstarts.units.it/dspace/bitstream/10077/9560/1/ /REPoT_2013(3)-1_Buonfanti.pdf.

4 Dario Aponte, Sergio Bologna, Sergio Curi, Vittorio Marzano, Scenari adriatici. Studio per gli interporti di Bologna, Padova e Verona QE, in Effetto Magnete #1, 2012.

5 Fonte: ferrovieanordest.it

6  Secondo il sistema europeo di classificazione delle vie navigabili la classe Va corrisponde a navi di stazza compresa tra 1500 e 3000 tonnellate equivalenti, lunghezza tra 95 e 110m, larghezza 11.4m e pescaggio tra 2.5 e 4.5m. Tali sono ad esempio le reti che collegano in Olanda Maastricht al mare, mentre il Reno navigabile che permette di raggiungere Duisburg e Dusseldorf è di classe VI C.

7 Relazione Generale dello Studio di fattibilità degli interventi per il completamento dell’Idrovia Padova-Venezia (2014).

8 Fonte: http://www.regione.veneto.it/web/ambiente-e-territorio/opere-infrastrutturali-per-la-sicurezza-dal-rischio-idraulico

9 Le zone franche sono quelle aree in uno Stato in cui, per effetto di una disposizione di legge, il regime fiscale e doganale ordinario incontra alcune deroghe applicative. Sono aree in cui svolgono un ruolo preponderante servizi logistici e distributivi oltre ancora ad attività quasi manifatturiere. L’esistenza di benefici fiscali (esenzioni, riduzioni, rimborsi sulle imposte sul reddito delle persone giuridiche, sull’IVA, sui dazi doganali…) consente nuove opportunità di impiego e l’attivazione di nuove filiere produttive, facilitando gli investimenti esteri, stimolando la crescita dei territori, spingendo istituti di ricerca scientifica e università a stabilirvi poli di ricerca, centri di addestramento e di specializzazione post laurea. La zona franca è intesa oggi come un luogo che consente, attraverso investimenti, uno sviluppo economico integrato. Le più qualificate zone franche del mondo sono infatti centri di sviluppo, sedi aziendali di centri logistici, incubatori industriali. L’Unione Europea ha sempre riconosciuto che le zone franche debbano essere intese come strumenti essenziali della politica commerciale della Comunità, in quanto “assicurano grazie alle agevolazioni doganali ivi previste, la promozione delle suddette attività (concernenti il commercio con l’estero) ed in particolare la redistribuzione di merci all’interno e all’esterno della Comunità”. Le zone franche sono tendenzialmente inserite all’interno di un’area portuale o aeroportuale o comunque nelle sue immediate prossimità.