3.6.2 Bisogni di salute della popolazione

Come è noto lo stare in salute dipende dal concorso di molti fattori. Quelli che qui si vogliono puntualizzare, come detto, attengono alle politiche sociali territoriali e a quelle sociosanitarie territoriali/regionali, da considerare se non un unicum, almeno fortemente integrate.

In quest’ottica converrà comunque suddividere inizialmente i due ambiti, per meglio analizzare i bisogni della popolazione, per tentare poi di prefigurare una risposta il più possibile unitaria.

3.6.2.1 I bisogni sociali

Gli effetti della più grave crisi socioeconomica del dopoguerra hanno portato all’aumento della povertà, dell’emarginazione, della fragilità sociale. Intese sia tradizionalmente, sia in relazione a nuovi fenomeni, fra i quali un’immigrazione non sufficientemente controllata e gestita.

Ne deriva anche nel nostro territorio regionale un incremento della povertà, dell’emarginazione sociale e delle varie forme di fragilità e disagio.

Il report dell’Istat riferito al 2015 stima che le famiglie residenti in Italia in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582mila (6,1% delle famiglie residenti con il Nord al 5,5%) e le singole persone a 4 milioni e 598mila (7,6% della popolazione residente): è il dato più alto dal 2005 ad oggi.

L’incidenza della povertà assoluta (riferita all’assenza di condizioni di sopravvivenza o di un livello ritenuto minimo per quanto riguarda il soddisfacimento dei bisogni primari) aumenta al Nord sia in termini di famiglie (dal 4,2% del 2014 al 5,0% del 2015) che di singole persone (dal 5,7% del 2014 al 6,7% del 2015). Si evidenzia tra l’altro che si amplia l’incidenza della povertà assoluta tra le famiglie con persona di riferimento occupata (dal 5,2% del 2014 al 6,1% del 2015) in particolare se operaio (dal 9,7% del 2014 al 11,7% del 2015).

Le famiglie in condizione di povertà relativa (rapportata agli standard di vita prevalenti all’interno di una comunità, tale da determinare condizioni di disuguaglianza rispetto al contesto) risultano 2 milioni e 678mila pari al 10,4% delle famiglie residenti e le singole persone 8 milioni e 307mila pari al 13,7% delle persone residenti, dati in aumento rispetto al 2014. Anche per la povertà relativa l’incidenza aumenta tra le famiglie con persona di riferimento operaio (18,1% nel 2015 rispetto al 15,5% del 2014).

Un elemento inedito messo in luce nel rapporto sulla povertà 2016 della Caritas è che oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all’età, cioè diminuisce con l’aumento dell’età. La persistente crisi del lavoro ha penalizzato e sta penalizzando soprattutto i giovani e i giovanissimi in cerca “di una prima/nuova occupazione” e gli adulti rimasti senza un impiego.

Inoltre sempre nel rapporto Caritas 2016 si evidenzia il fattore della povertà dei rifugiati e dei richiedenti asilo. I dati ufficiali documentano di 153.842 persone migranti sbarcate nel 2015 nelle coste italiane. Le persone che hanno fatto domanda di asilo nel 2015 sono state 83.970 rispetto a poco più di 10.000 nel 2005.

Tra le principali cause generali di rischio e disagio sociali troviamo1:

a) la ricaduta della crisi che anche nel Veneto, nelle analisi di lungo periodo (2008-2014), ha prodotto una persistente e generalizzata contrazione occupazionale. L’analisi della situazione produttivo-occupazionale ha grande rilevanza per il benessere sociale. Infatti il lavoro e la capacità di produrre reddito è un fattore primario che influenza positivamente sia l’accesso si servizi socio-sanitari, sia l’adozione di stili di vita sani, sia il rischio di contrarre specifiche patologie o di entrare nell’area del disagio sociale;

b) i cambiamenti demografici: la composizione della popolazione del Veneto è mutata negli ultimi decenni sia in termini demografici che epidemiologici con l’aumento della popolazione anziana e con una maggiore prevalenza delle persone affette da malattie croniche e da multimorbilità. Il Veneto è una di quelle regioni che presentano uno sviluppo più consistente del fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Negli ultimi 15 anni la quota di popolazione anziana (che statisticamente viene considerata quella oltre i 65 anni) in Veneto è cresciuta dal 18,3% (827.632 su 4.529.823) del 2002 al 22% (1.081.371 su 4.915.123) del 2016;

c) il disagio psichiatrico: nel Veneto negli ultimi anni si è rilevato un incremento significativo della domanda di interventi psichiatrici, collegati ad una evoluzione qualitativa e quantitativa della patologia. Inoltre vanno aumentando le richieste di visite specialistiche e di presa in carico per disturbi ansioso-depressivi, gli interventi complessivi per disturbi schizofrenici, l’incidenza dei disturbi di personalità. Nel 2014 (ultimo dato disponibile) sono stati 66.880 i cittadini che si sono rivolti ai Dipartimenti di Salute Mentale del Veneto.

3.6.2.2 I bisogni sociosanitari

L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle patologie cronico-degenerative, accompagnate dall’aumento dei costi di produzione dei servizi e da una non adeguata risposta a questi nuovi bisogni, ha determinato da un lato la rinuncia di una parte importante della popolazione alla prevenzione/cura/riabilitazione, e dall’altra (per chi se lo può ancora permettere, magari a costo di sacrifici) ad un incremento del pagamento di tasca propria (l’out of pocket) di molte prestazioni (questo fenomeno è valutato a livello nazionale in circa 33 mld di euro, con una spesa pubblica di 113 mld).

Nel 2016 circa un italiano su 2 (46%) ha dovuto rinunciare ad acquistare farmaci. Un italiano su 4 (26%) ha dovuto rinunciare almeno una volta all’anno ad effettuare visite mediche o esami specialistici, in particolare terapie di riabilitazione o viste odontoiatriche. Per una famiglia su 3 (31%) anche gli esami del sangue rappresentano un sacrificio.

Nelle 7 province del Veneto sono oltre 45.000 le persone in stato di disagio economico e sociale che nel 2015 si sono rivolte ai 142 enti caritativi per avere medicinali che non possono permettersi. Rispetto al 2014 l’aumento è del 22%. La provincia in cui è stato maggiore l’aumento degli assistiti è l’area metropolitana di Venezia dove si è passati da quasi 1.550 del 2004 ai 4.300 del 2015.

Ne si può pensare che la risposta sia il c.d. “Secondo pilastro” del SSN (o “welfare aziendale”) che, attraverso le Assicurazioni, intercetta circa 3-4 mld di risorse dei privati cittadini (l’out of pocket). Anche se certo non va demonizzato o contrastato, la risposta alla sostenibilità del SSN, alla concreta esigibilità dei LEA – Livelli Essenziali di Assistenza – , va ricercata in ben altro2.


1  Report dell’Istat 2016 sulla povertà in Italia; Rapporto della Caritas sulla povertà in Italia; Relazione socio-sanitaria del Veneto 2015

2  Ricerca Doxa “Nuove povertà e bisogni sanitari” del Banco Farmaceutico; Ricerca Censis “Bilancio di sostenibilità del Welfare italiano”; Rapporto 2015 di Cittadinanzattiva.