3.5.5 Dalla Legislazione Speciale al Patto per Venezia

Se questo è il quadro del dibattito in Parlamento, dibattito che peraltro in questa legislatura non ha nessuna possibilità di portare ad una nuova riforma della Legge Speciale, il quadro a livello locale ha subito forti scossoni negli ultimi mesi. L’attuale amministrazione comunale aveva fatto suo l’impegno di essere parte attiva per una nuova Legislazione Speciale, tanto da incontrare i parlamentari veneziani di tutti gli schieramenti per discuterne assieme. Era il 22 febbraio 2016 e il giorno dopo i giornali titolavano: Legge Speciale, più poteri al sindaco (Corriere del Veneto); C’è l’intesa: riparte la Legge Speciale (Il Gazzettino di Venezia);Confermato il Patto del Todaro per la nuova Legge speciale (La Nuova Venezia). La riunione però non produce nulla, né in termini di elaborazione progettuale, né di lobby territoriale. E lo scorso ottobre l’Amministrazione cambia radicalmente strategia: nel corso di un convegno organizzato il 21 ottobre in prima persona dal Comune di Venezia nell’ambito della ricorrenza dell’AquaGranda, convegno dedicato proprio alla Legge Speciale, è emerso come secondo il Sindaco la Legislazione Speciale sia sostanzialmente un buon impianto legislativo. Il nuovo obiettivo individuato è quello di riconvocare il Comitatone e quindi rifinanziare il dispositivo esistente. Linea condivisa anche dal rappresentante del governo, il sottosegretario all’Economia e alla Finanza Pierpaolo Baretta e dall’assessore regionale allo Sviluppo Economico Marcato. Una linea ben diversa quindi da quella sempre prospettata, ossia una revisione anche in ottica metropolitana, una scelta che si può dire abbia azzerato anni di discussione sulla Legge Speciale che però, è bene ricordarlo, non aveva portato né a grandi novità sulle elaborazioni dei contenuti, né tanto meno a importanti progressi nel calendario dei lavori parlamentari.

Questo nuovo approccio si è sposato con l’istanza del Governo di firmare alcuni patti per lo sviluppo locale con diverse amministrazioni locali, città e regioni. È nato così il Patto per Venezia firmato tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e il Sindaco Luigi Brugnaro lo scorso 26 novembre, un patto da circa 450 milioni di euro.

Il Patto riattiva dei finanziamenti necessari per la città, seguendo il quadro normativo vigente e nel solco di diversi accordi stipulati in passato. Nel documento, pur vasto e con un’ultima parte tutta di intenti, non c’è un solo passaggio che impegni il Governo a contribuire nella riscrittura di una nuova Legislazione Speciale per Venezia, ed è anzi espressa chiaramente (art. 6 comma 6) la necessità di rifinanziare l’attuale normativa, non una sua riscrittura. Inoltre nasce un Comitato di indirizzo del Patto, che è bene ricordarlo è vastissimo negli intenti, in cui siede un rappresentante della Città di Venezia e ben tre rappresentanti legati alla Presidenza del Consiglio (uno del Dipartimento per le Politiche di Coesione, uno del Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica, un rappresentante dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, agenzia vigilata direttamente dalla Presidenza). Ma la grande assente nel documento è la Città Metropolitana, fatto salvo un passaggio sulle competenze derivanti dalla soppressione del Magistrato alle Acque. Ma il Patto non prevede investimenti al di fuori del Comune di Venezia. Eppure il Patto stesso presuppone, in molti passaggi, la Città Metropolitana, soprattutto laddove si trova la copertura economica dei fondi stanziati come a legge 662 del 1996, la legge 190 dl 2014 (legge di stabilità per il 2015), la legge 147 del 2013, il PON METRO 2014-2020.

Questo aspetto apre una riflessione importante su quanto il nuovo ente venga valorizzato. Una valorizzazione necessaria perché è un dato assodato come le città siano il motore dello sviluppo economico, sociale e culturale nel nuovo scenario globale. Abbiamo già avuto modo di contestualizzare l’importanza di mettere al centro del dibattito il tema della Città Metropolitana di Venezia nel contesto delle politiche europee e della situazione internazionale. Città fatte di reti asimmetriche, città fatte di progetti ben diversi dai modelli progettuali della razionalità moderna. Però si può pensare ancora una dimensione per i progetti della città. Questo è il tema della pianificazione strategica.

Non è certo compito del Patto per Venezia, né di provvedimenti legislativi speciali, introdurre qualità e profondità al discorso sul destino della Città Metropolitana. Questo è il compito della politica veneziana (metropolitana, ovviamente). Ma la debolezza della Città Metropolitana si è ravvisata fin dalle sue prime mosse. C’è un unico dato certo: nessuno, cittadini e imprese, terzo settore e mondo della cultura, si è accorto della nascita della Città Metropolitana1. E qui ritroviamo la stesura del Piano Strategico Metropolitano che sta affrontando un percorso in cui non si ravvisa la volontà di cogliere l’occasione, almeno fino ad oggi, per creare un modo nuovo e diverso di governare il territorio. La governance metropolitana non può essere affidata solo alla capacità giuridico-amministrativa di regole e procedure, siano anche Patti di sviluppo o Leggi Speciali. La governance è un processo in grado di far interagire i Comuni e gli attori metropolitani, in un percorso virtuoso di condivisione di obiettivi, strategie, politiche e di costruzione di alleanze operative. La capacità del territorio di mobilitarsi per obiettivi comuni aumenta anche la credibilità verso Regione e Governo, ma questo pare del tutto mancare. In questa costruzione la pianificazione strategica, una pianificazione da realizzarsi con i territori, assume tutta la sua valenza culturale che potrebbe anche arrivare ad arginare alcune debolezze strutturali della Città Metropolitana a partire dall’assenza di una fiscalità propria che è oggetto precipuo di questo capitolo. Una fiscalità che si basi però sulla compartecipazione delle tasse già esistenti per non alzare ulteriormente un livello di tassazione molto alto. Altro discorso si potrebbe fare su forme di tassazione rivolte ai turisti, ma queste già esistono, si pensi alla tassa di soggiorno e alla ZTL in entrata a Venezia. Imposte peraltro che generano importante risorse per il Comune, rispettivamente 28 milioni2 e circa 20 milioni3. Si deve inoltre aggiungere la tariffazione separata nell’utilizzo dei mezzi pubblici acquei per chi non è in grado di dimostrare di essere un city users ovvero per chi è sprovvisto della Carta Venezia/Imob, fascia di utenti che “come noto è la componente più importante, in termini economici, dei ricavi tariffari di Actv”.4


1 Gianfranco Perulli, Metropolitan Messenger, in AAVV, CMV: La città metropolitana di Venezia, Venezia, 2016, pp. 72-82.

3 Piano Esecutivo di Gestione 2016-2017-2018 del Comune di Venezia allegato alla deliberazione della Giunta Comunale n. 32 del 15/02/2016, p. 357.

4 Relazione sulla gestione del bilancio dell’ACTV al 31/12/2014, p.4 actv.avmspa.it/sites/default/files/attachments/bilancio2014_0.pdf