3.3.5 Il “superluogo” Venezia

Marc Augé, sociologo francese divenuto celebre perché nel1992 coniò il temine e il concetto di “non luogo”, ha introdotto il tema, seppur non formalizzandolo compiutamente, dei super luoghi ossia: “Luoghi in cui si fa comunità”. Superluoghi che possono essere al di fuori del centro città come in zone storiche. E infine interi quartieri o parti della città. Per fare di Venezia Città Metropolitana una creatrice di comunità diffusa ovvero metropolitana, la cultura, l’innovazione e l’economia della conoscenza sono condizioni necessarie, anche se non sufficienti. In questa prospettiva il settore dell’alta formazione e della produzione culturale in città assumono una strategicità a parole riconosciuta, ma nelle politiche poco o nulla affermata. Un problema non solo veneziano. Se pensiamo anche solo alle industrie creative, è dagli anni Novanta del Novecento che si susseguono studi per individuare strategie a scala regionale e metropolitana che siano in grado di sfruttare il potenziale di crescita del settore culturale sia per trasferire le emozioni legate ad esperienze culturali e alla creatività in prodotti già esistenti e spendibili sul mercato globale sia per creare nuove produzioni. Il famoso made in Italy che dovrebbe essere in grado di alimentarsi dell’unicità della storia italiana traducendo tali elementi in prodotti e compenetrazione tra aspetti diversi e spesso nascosti, basti pensare ai fattori identitari, aspetti che sono importanti tanto quanto il sapere tecnologico. Però un recente studio, e non è il solo, peraltro limitato ad aggiornare la matrice della triplice elica al settore delle imprese culturali, conclude laconicamente che il ruolo dell’accademia nei campi creativi ha bisogno di essere meglio compresa1.Che ci sia ancora del lavoro da fare è anche ben chiaro a studiosi veneziani che rimarcano come il dibattito si focalizza sul “the what” – sul ruolo della cultura e della creatività nella competitività di un territorio e nello sviluppo locale – e molto meno sul “the how”- sul come trasferire questa conoscenza2.Una delle evidenze di questi studi, tanto in ambito britannico quanto italiano, è che non basta avere un gran numero di eventi culturali voluti da grandi o piccole istituzioni o dal mondo dell’associazionismo per creare un vero e proprio “distretto”. Se si volesse proseguire sul modello teorico dei “distretti”, modello particolarmente fortunato in Italia per caratteristiche storiche ben precise, la domanda che qui interessa non è limitata al come possa concretizzarsi il legame università – territori circostanti in trasferimento di idee e contenuti culturali alle imprese creative, ma la questione deve necessariamente allargarsi anche all’innovazione sociale e quindi non declinarsi unicamente in termini di impresa. Inoltre per focalizzarsi nel campo della produzione culturale, diversi studi mettono in evidenza come i cosiddetti flagship, quindi i grandi investimenti, per lo più pubblici concentrati su singole interventi, hanno ricadute sul tessuto diffuso molto meno alte di quanto solitamente si tenda ad attribuirgli3. Mentre l’università e le associazioni hanno maggiori potenzialità come attori del radicamento.

In un mondo caratterizzato da flussi di idee, merci, persone, flussi tutti in rapida ascesa, creare delle persistenze tra cultura-università-associazionismo vuol dire creare dei tempi di “condensazione”. Questi momenti appaiono fondamentali perché il territorio possa diventare un luogo denso di significato e di relazioni legando le eccellenze del territorio con le opportunità dell’internazionalizzazione. Un obiettivo dovrebbe essere approfittare dei flussi cosmopoliti che attraversano soprattutto la città storica per far si che Venezia Città Metropolitana diventi una comunità in grado di interpretare la dimensione d’area vasta tutta come un territorio in grado di “significare” all’interno dei crescenti flussi a scala globale. Un nodo non solo di transito e passaggio ma, come si diceva, di condensazione. Se per ora è del tutto velleitario pensare di poter competere con metropoli anche europee quali Londra, Parigi, Berlino, è doveroso cercare di affiancarsi alle sole città italiane in grado di essere Città globali, come Milano.

Alcuni esempi che potrebbero aiutare ad andare in questa direzione? L’istituzione di un referato all’interno della Città Metropolitana (e del Comune di Venezia) dedicato ai rapporti con le università(pratica non consolidata in Italia, ma comunque presente come nella Provincia autonomia di Trento) o un’agenzia o un tavolo di raccordo tra Università, enti intermedi e amministrazione locale per creare uno spazio di progettualità comune università–città, coinvolgendo anche le strutture di coordinamento che lo stesso volontariato si è dato, ad esempio il Centro di Servizio per il Volontariato (CSV). Potrebbe essere un punto di partenza, nella piena consapevolezza che i meccanismi di coordinamento oggi sono sempre plurimi e polimorfi. E a Venezia ancora più difficili che in altri luoghi, basti pensare che la città lagunare è stata letta come luogo del conflitto tanto da essere: “Terreno di osservazione del fallimento dell’azione pubblica in Italia”4. Ma l’obiettivo dovrebbe essere chiaro, creare una “Venezia metropolitana comunità” nella quale università-cultura-associazionismo-imprenditori sociali e culturali siano assi portanti di un territorio innovativo. Una piattaforma, più che un distretto, che si alimenti di capacità imprenditoriale, di attenzione ai bisogni della comunità, di forme di valorizzazione delle produzioni culturali anche nelle caratteristiche più occulte (qualità identitarie ed esperienziali) e, infine, della capacità di far circolare le idee innovative. In questo schema appaiono fondamentali anche i presidi culturali diffusi nel territorio, come musei, ville storiche, e molte altre strutture che già esistono nel territorio metropolitano e che oggi non hanno nessuna forma di coordinamento. Ma il ruolo propulsivo dell’università è fondamentale perché dotata di una capacità di analisi e visione maggiormente strutturata, in teoria, di una Pubblica Amministrazione spesso soggetta più al contingente dei tempi della politica.


1 Roberta Comunian, Calvin Taylor & David N. Smith, The Role of Universities in the Regional Creative Economies of the UK: HiddenProtagonists and the Challenge of Knowledge Transfer, European Planning Studies, 2013.

2 Maria Lusiani, Fabrizio Panozzo Culture on top: Beyond museification and culture-led regeneration of industrial heritage (Workingpaper), 2015.

3 Roberta Comuniane Oliver Mould, The weakest link: creative industries, flagship cultural projects and rigeneration, in City, Culture and Society, 2014.

4 Maurizio Busacca, Giulia Cantaluppi, Irene Chini, Francesca Gelli, Remi Wacogne, Venezia: tra conflitti e progetti al tramonto di un ciclo politico, in Urb@nit. Il rapporto sulle città. Le agende urbane delle città italiane, Bologna, 2017, pp. 21-24.