3.5.3 La Legislazione Speciale: stato dell’arte

La Legislazione Speciale di Venezia attualmente in vigore rispecchia dal punto di vista finanziario il quadro normativo appena descritto, ossia si basa sul trasferimento di fondi statali e non ha nel suo dispositivo nessuna norma riconducibile al federalismo fiscale. Ma una revisione della legislazione speciale e dei finanziamenti ad essa connessa è legata anche agli obiettivi che essa si pone e ai risultati raggiunti, ed è per questo utile ripercorrerne, brevemente, la storia.

L’alluvione del 1966 ha segnato un punto di svolta nel dibattito sul Venezia che perlomeno dal 1962 aveva assunto temi che ponevano il rapporto tra Venezia e la modernità come un “problema” più che una opportunità.1L’AquaGranda ha amplificato il dibattito che non si è solo limitato al tema dell’acqua alta, ma ha assunto un orizzonte sistemico: l’idraulica e la morfologia della laguna, la conservazione del patrimonio monumentale, lo sviluppo economico in rapporto con la salvaguardia, l’inquinamento e la salute dei lavoratori in particolare in nell’area di Porto Marghera. La Legislazione Speciale è figlia di questo dibattito e delle condizioni economiche determinatesi a livello mondiale (i primi anni Settanta segnano la fine del “Trentennio d’oro”, 1945-1975). Il Parlamento è intervenuto con la cosiddetta prima Legge Speciale nel 1973 (n.171), cui hanno fatto seguito altri provvedimenti legislativi (in particolare la 798/1984, la 360/1991 e la 139/1992) che, nel loro complesso, definiscono gli obiettivi strategici, le procedure per realizzarli e le competenze dei diversi soggetti istituzionali coinvolti.

L’intervento finanziario è stato elevato: oltre 8 miliardi di euro, ai quali si sono aggiunti altri 3,5 miliardi di euro nelle leggi obiettivo per il progetto MOSE.

Fonte: ultimo rapporto Ufficio di Piano, 2013.

Indubitabilmente l’obiettivo della difesa delle acque alte ha assunto fin da subito la massima rilevanza, basti pensare che allo sviluppo socioeconomico sono stati riservati complessivamente solo il 6% dei fondi.

Fonte: ultimo rapporto Ufficio di Piano, 2013.

Inoltre è solo con la legge 139 del 1992 che per raggiungere l’obiettivo della salvaguardia diventa prioritaria la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte le infrastrutture urbane, mentre fino ad allora le risorse erano concentrate sulla difesa dei litorali e dall’acqua alta. Ciò si riflette negli enti utilizzatori di fondi: la difesa dei litorali e le opere per l’acqua alta sono di competenza dello Stato, che infatti ha speso il 58% dei fondi direttamente o attraverso il concessionario Consorzio Venezia Nuova. Anche l’obiettivo del disinquinamento, sostanzialmente di competenza della Regione Veneto che ha gestito circa il 16% dei fondi complessivi, è stato perseguito con interventi in tutto il bacino scolante, non solo nella laguna o nel waterfront. Cercando di fare un bilancio di una serie complessa e articolata di interventi degli ultimi quarant’anni, bisogna riconoscere che sono stati ottenuti importanti risultati in termini di riduzione dell’inquinamento delle acque della laguna dal bacino di drenaggio, delle opere di difesa a mare, in termini di manutenzione della città di Venezia e in termini di interventi per contrastare il degrado morfologico. Ma il peso crescente delle risorse pubbliche è andato alla realizzazione del progetto MOSE e, solo per un certo numero di anni, agli interventi di difesa della laguna dal mare e di difesa locale dalle acque alte mediante l’innalzamento di fondamenta e calli, tanto che questi ultimi interventi si sono rivelati parziali rispetto alle aspettative. Del resto è dal 2005 che il flusso dei finanziamenti per questi ultimi interventi si è drasticamente ridotto, perché sono cambiate le modalità di erogazione degli stessi e non sono stati più previsti i limiti d’impegno che consentivano la contrazione, da parte dell’amministrazione comunale – che ha la competenza per la salvaguardia diffusa nella città storica e nelle isole -, di mutui con oneri a carico dello Stato.

Fonte: Comune di Venezia, Direzione Programmazione e Controllo.

I dati parlano chiaro: tra il 1993 e il 2004 sono stati erogati annualmente 143,3 milioni, contro solo i 17,6 milioni erogati tra il 2005 e il 2014. Ciò ha fatto sì che interventi vitali per Venezia come la costruzione di una rete antincendio sia completata al 50% circa2. Guardando la laguna nel suo insieme si può notare l’avvio di un piano per il recupero morfologico ma che oggi è di fatto è rimasto senza finanziamenti. L’obiettivo che si può dire senz’altro mancato è quello dello sviluppo socio economico, come dimostrano tutti gli indicatori economici della città e della residenza nella città storica. L’economia della città storica è profondamente cambiata diventando di fatto monoturistica, un’industria pesante e dall’indotto limitato e generatrice di lavori poco qualificati3, e se si guarda alla dimensione metropolitana della città di Venezia, l’area di Porto Marghera pur mantenendo una indubbia centralità non è stata sostituita da altri poli economici capaci di generare un numero di occupati paragonabili, per non parlare della qualità del settore terziario metropolitano sul quale rimandiamo alle passate ricerche4.

Se si dovesse stilare una priorità di interventi ragionando su macrotemi bisognerebbe inserire almeno i seguenti punti:

  • Salvaguardia fisica e ambientale

    • Riprendere interventi di ripristino della morfologia lagunare;

    • Continuare gli interventi di manutenzione delle strutture fisiche della città a partire dallo scavo dei rii. Come per il primo punto i continui stop and go rischiano di pregiudicare i lavori già fatti;

    • Completamento Mose e sua manutenzione.

  • Sviluppo socio-economico della città

    • Nuove economie di qualità in grado di produrre occupazione qualificata con ricadute ampie a livello economico e sociale e quindi grande attenzione alla formazione universitaria e alle migliaia di studenti che finiti gli studi lasciano Venezia;

    • Rilancio di Porto Marghera tra bonifiche, attività portuale, manifattura;

    • Gestione dei flussi turistici.

Bisogna però tener conto che interventi della dimensione di quelli che hanno caratterizzato le leggi speciali passate non saranno più possibili dato il problema della finanza pubblica italiana. È quindi necessario uno sforzo di identificazione delle priorità di intervento ancor più preciso e puntuale di quanto fin qui fatto e contemporaneamente uno sforzo per orientare l’utilizzo di almeno una parte delle imposte pagate sul territorio verso il sostegno degli interventi di natura pubblica ritenuti necessari, sapendo che una compartecipazione dello Stato sarà comunque necessaria vista la specialità di Venezia.


1 Un celebre convegno svoltosi alla Fondazione Giorgio Cini dal 4 al 7 ottobre 1962 si chiamava “Il problema di Venezia”.

2 Con una spesa pari a 21 milioni è stata realizzata la rete antincendio, realizzando 35,8 km di condotte e posizionando 693 idranti. Il completamento dell’intervento complessivo richiede la messa in opera di ulteriori 37.6 km di condotte, 650 idranti ed una spesa complessiva di circa 30 milioni.

3 Questo tema è oramai un dato acquisito nella letteratura scientifica. Si rimanda ad esempio a Isabella Scaramuzzi, Turismo: un’industria pesante in 1950-2000, in “L’Italia è Cambiata” (pp. 235-250) a cura di Francesco Indovina, Milano, 2000 e Antonio Paolo Russo 2002. The “viciouscircle” of tourism developmentin “Heritage cities. Annals ofTourism Research” 29, 2002, pp165–182.

4 Carlo Pavan, Nicola Pavan, Giuseppe Saccà, Venezia città metropolitana, Venezia, 2014, in particolare il terzo capitolo.