3.5.4 La Legislazione Speciale: rifinanziamento e revisione

La prima Legge Speciale approvata a soli tre anni dalla nascita delle Regioni a Statuto ordinario, ma che ha una gestazione che arriva da progetti di legge precedenti al 1970, è una legge in cui il rapporto centralismo e autonomia caratterizzano il dispositivo. Del resto durante il dibattito parlamentare1, in particolare il PCI, fece dell’aspirazione di autonomia locale e del decentramento, o per dirla in termini moderni, della sussidiarietà, uno dei suoi cavalli di battaglia in linea con la rivendicazione della centralità dell’art. 5 della Costituzione2. Nessuna forza politica, ma siamo negli anni Settanta, si sbilancia a chiedere strumenti di fiscalità locale. Oggi il quadro è decisamente cambiato come abbiamo illustrato brevemente e ciò si riflette nelle proposte presentate per una nuova Legge Speciale.

Le proposte presentate in Parlamento sono attualmente quattro.

Partiamo dalle forme di finanziamento previste. Al Senato sono depositate tre proposte di legge. La prima ad essere presentata è stata la n. 198 e ha come primo firmatario Felice Casson. Il testo base, seppur modificato in alcune parti, è basato su una proposta di Legge presentata dallo stesso Casson nella legislatura precedente che aveva iniziato il suo iter alla Commissione Ambiente. Testo che però non aveva né raccolto il parere della Commissione Bilancio né la relazione tecnica governativa. Nella relazione di accompagnamento si legge come uno degli obiettivi è: “Superare il centralismo pressoché assoluto (…) e va riconosciuto il ruolo fondamentale che in tale materia spetta alle autorità locali, soprattutto in questo periodo storico in cui si parla molto – a volte a vanvera – di federalismo istituzionale e finanziario”. E infatti il fabbisogno stimato in 2 miliardi di euro si prevede possa essere raccolto grazie a quote di risorse del gettito dell’IRPEF, dell’IRAP, dell’IMU riscosse nei comuni della conterminazione lagunare, su imposte dirette e indirette oltre che sui diritti e tasse relative ad attività svolte nel porto di Venezia e Chioggia (art.16). La proposta 312, primo firmatario Antonio De Poli, e la n. 1060, primo firmatario Mario Dalla Tor, presentano anche loro un richiamo al concetto del federalismo fiscale anche se in maniera meno esauriente rispetto alla proposta Casson. La proposta De Poli prevede ad esempio alcune forme di federalismo fiscale ma sul territorio veneto, quindi di difficile attuazione (accise sulla produzione, importazione e commercializzazione degli idrocarburi nella Regione Veneto e perfino: “Il Comune di Venezia è autorizzato a richiedere fino al 10 per cento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ricavata dal gettito ottenuto dai residenti della Regione Veneto”, comma 17 art. 12). Ma più che riservare una quota dell’attuale tassazione al territorio che la genera, si prevede un maggiore carico fiscale (art. 12). È prevista perfino una forma di tassazione aggiuntiva sull’attività di strutture non ancora operanti, ma previste dal dispositivo, come una struttura portuale d’altura e anche oneri urbanistici aggiuntivi su una categoria precisa di immobili ossia quelli demaniali, che la proposta di legge prevede di “girare” senza oneri al Comune. Non manca una tassa supplementare per le compravendite di immobili nel Comune di Venezia. L’impianto rimane pressoché tradizionale, ossia la gran parte dell’eventuale finanziamento si basa su trasferimenti statali visto che nuove forme di tassazione sono irrealistiche nella loro attuazione anche se mai si trovasse una maggioranza politica disposta ad approvarle in Parlamento.

La proposta a firma Dalla Tor ha un impianto simile a quella De Poli, quindi accise sulla produzione, importazione e commercializzazione degli idrocarburi nella Regione Veneto, ed è un po’ meno invasiva sul fronte di sovrimposte che pure non mancano. L’aspetto più originale è forse il fatto che la Cassa Depositi e Prestiti e la Banca Centrale Europea“ sono autorizzate ad anticipare al Comune, ovvero alla Città Metropolitana di Venezia finanziamenti in conto capitale”. Meccanismo che non ha nulla a che vedere comunque con forme di federalismo fiscale.

Se guardiamo gli impianti legislativi proposti nel loro insieme, si può notare che tutte le proposte – soprattutto la 312 e la 1060 – sono all’insegna del “gigantismo” che già caratterizza la prima legge speciale (1973)all’epoca definita dal relatore di maggioranza un ius singulari3. Non vengono semplicemente individuati i macro temi, ma si dettano interventi precisi come nel caso dei fondaci “quali luoghi di interrelazioni culturali, di scambio di merci, di produzione culturale e artigianale” (art. 7, proposto di legge 1060), e azioni per il comparto fieristico e congressuale, e canoni di locazioni agevolati per giovani coppie. Non mancano azioni per l’Arsenale e per gli immobili di proprietà delle Università, e per molte istituzioni veneziane (e non si capisce la ratio di alcune assenze), e zone franche e porto d’altura e molto altro. Si potrebbe arrivare ad affermare che sembra di leggere dei programmi elettorali piuttosto che proposte di legge. Quindi ci troviamo con dispositivi che politicamente sono sicuramente difficili da far approvare e infatti è ben facile prevedere che non arriveranno in aula, ma soprattutto non contengono al loro interno una chiara gerarchia degli interventi immaginati. La proposta di Casson ha inoltre una sua peculiarità ossia il cosiddetto Comitatone non sarebbe più affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri bensì al Ministero dell’Ambiente. Le tre proposte presentate al Senato hanno iniziato il loro iter nella 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali), iter che procede molto lentamente e stancamente.

Se passiamo all’altro ramo del Parlamento, alla Camera dei Deputati ad oggi è stata presentata una sola proposta di riforma, la n. 715 primo firmatario Andrea Martella che riprende la proposta n.3979, sempre a sua firma, della precedente legislatura. Delle proposte presentate è la più originale perché non si sofferma solo sugli interventi da effettuare, bensì sulle forme di governance di Venezia e della Città Metropolitana. Il cuore della proposta sono gli articoli 2 e 5 attraverso i quali alla Città Metropolitana verrebbero assegnate diverse funzioni che la farebbero diventare un organo di governo territoriale ben diverso da quello che sta muovendo i primi passi in questi mesi. Perfino il Comitatone verrebbe presieduto dal Sindaco metropolitano, confermando comunque una folta presenza del governo (Ambiente, Infrastrutture, Beni culturali, Università ed Economia-Finanze). Non tradisce anche questa proposta una vocazione al gigantismo, visto che prevede la nascita di due agenzie (una per il trasporto art.7, una per Porto Marghera art. 12), e non mancano articoli dedicati a temi specifici come l’Arsenale (art.13) e la residenzialità (art. 14). Se l’impianto è di stampo federalista nelle funzioni assegnate all’Ente Locale, lo è anche nelle forme di finanziamento(art.9) come la proposta a firma Casson. Il dispositivo prevede di destinare per finanziare il dispositivo una quota delle imposte dirette e indirette, delle attività svolte nell’ambito del porto di Venezia, di competenza dello Stato; una quota parte del gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto riscosso sul territorio dei comuni della conterminazione lagunare. Non mancano anche in questo caso la possibilità di molte sovraimposte e nuove tasse turistiche. Anche in questo dispositivo entra in gioco la Cassa depositi e prestiti, norma di certo importante, ma non di stampo federalista.

In conclusione le proposte presentati dai parlamentari eletti nelle fila del PD, rispetto a quelle dei loro colleghi, sono ben più attenti al tema del federalismo fiscale ossia il tentativo di trovare forme di compartecipazione.


1 Giuseppe Saccà, La genesi della legge speciale: il governo della città e la stagione del centrosinistra, Venezia, 2010.

2 “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.

3 Senatore Togni, 1 dicembre 1971, resoconto stenografico della seduta n. 583, p. 2498.